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E’ stata smantellata, questa mattina, un’associazione per delinquere dedita al traffico illecito di rifiuti. L’operazione a livello nazionale ha investito i territori di: Bari, Bologna, Monza, Padova, Parma, Perugia, Reggio Emilia, Roma, Siracusa, Treviso, Verona.
Arrestate sette persone, di cui due ai domiciliari, altri otto sottoposti ad obbligo di dimora con contestuale presentazione quotidiana alla P.G., cinque alla sola presentazione alla P.G., due imprenditori gravati da il divieto temporaneo di esercitare l’attività aziendale, tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, anche pericolosi, gestione illecita di rifiuti, traffico transfrontaliero illecito di rifiuti, auto-riciclaggio, contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi, altre condotte illecite a queste funzionali.
Le indagini sono partite nel 2016, a seguito del sequestro di oltre 300 tonnellate di rifiuti, anche pericolosi, rinvenuti all’interno di un’azienda in provincia di Perugia. In quella circostanza, i Carabinieri hanno rinvenuto un considerevole numero di pannelli fotovoltaici dismessi che l’azienda, esibendo documentazione di cui è stata poi accertata la falsità materiale e ideologica, aveva dichiarato distrutti per le conseguenti operazioni di recupero di R.A.E.E.. Tuttavia i dispositivi, che risultavano ancora funzionanti, venivano riciclati con dati identificativi appositamente alterati e nuovamente commercializzati prevalentemente su canali esteri, prediligendo le rotte africane del Senegal, del Burkina Faso, della Nigeria, del Marocco, della Mauritania nonché, Turchia e Siria.
Gli approfondimenti successivamente compiuti, sempre sotto la direzione della D.D.A. perugina, hanno permesso agli investigatori di comprendere che i pannelli fotovoltaici presenti presso l’azienda di Gualdo Tadino erano, in realtà, rifiuti speciali fraudolentemente spacciati come apparecchiature elettriche ed elettroniche vetuste, grazie all’opera svolta dagli appartenenti al gruppo criminale, secondo il ruolo da ciascuno rivestito nell’organizzazione.

Le investigazioni eseguite dal Noe di Perugia hanno accertato l’esistenza di più associazioni per delinquere finalizzate all’attività organizzata per il traffico illecito di rifiut. I pericolosi sodalizi, per altro assai agguerriti nel reperimento dei pannelli fotovoltaici dismessi, sono risultati operativi dal Nord al Sud del territorio nazionale, Isole comprese, avendo però come organizzatori, promotori e attori principali 5 imprenditori con aziende dislocate a Gualdo Tadino (PG), Traversetolo (PR), Casale sul Sile (TV), Crespano del Grappa (TV) e Siracusa.

Secondo quanto riferito dai Carabinieri, gli odierni indagati avrebbero ritirato partite di pannelli fotovoltaici dismessi, dichiarati come rifiuti per il solo tempo necessario a coprire il tragitto tra il luogo in cui venivano smontati e prelevati e l’impianto di trattamento. Una volta ricevuti dagli stabilimenti, le aziende producevano delle dichiarazioni false che attestavano la loro distruzione e il contestuale recupero di materia (metalli vari, silicio, vetro, plastiche nobili e altre materie riutilizzabili), consegnando tale documentazione ai produttori originari del rifiuto che, del tutto ignari di ciò che accadeva una volta dismessi i vecchi pannelli, potevano chiudere il cerchio col G.S.E., riscuotendo il relativo incentivo. Per contro, l’escamotage scoperto dai Carabinieri per la Tutela Ambientale prevedeva la redazione, da parte di altri associati, di false certificazioni attestanti che i pannelli, nel frattempo muniti di etichette false, erano apparecchiature elettriche ed elettroniche tecnologicamente sorpassate ma regolarmente funzionanti, circostanza che consentiva a tali rifiuti di aggirare il rigido sistema di controllo sia a livello nazionali che, attraverso il circuito doganale, sui canali esteri.

Questo sistema di riciclaggio avrebbe assicurato agli appartenenti all’organizzazione un triplice guadagno: cospicue somme per il ritiro dei rifiuti dai produttori, successivamente eludevano i costi che avrebbero dovuto normalmente sostenere per il loro trattamento, infine rivendevano i pannelli fotovoltaici come apparecchiature elettriche usate ai paesi in via di sviluppo percependone il corrispettivo piuttosto che i costi di smaltimento del rifiuto.

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