Non tutti i sindaci siciliani hanno scelto urla, ispezioni teatrali e proclami apocalittici per affrontare l’emergenza coronavirus e soprattutto per raccogliere il plauso dei cittadini impauriti dal contagio. C’è chi si richiama alle rigide misure del governo ma non dimenticando di distinguere fra vari casi e sempre mettendo in primo piano la necessità di evitare il diffondersi del virus. “Non tutti i siciliani la pensano come Cateno De Luca. Certamente non quei padri, quelle madri, quei figli che sono stati separati dal Coronavirus e che adesso si trovano in situazioni al limite. Ho appena ricevuto la telefonata di 20 lavoratori che arrivano dalla Puglia, hanno lavorato due mesi a Villa San Giovanni e adesso sono bloccati lì. Non ci sono alberghi aperti, non hanno più lavoro e adesso chiedono di tornare al proprio domicilio dove chiaramente dovranno fare la quarantena”. Lo afferma Francesco Italia, sindaco di Siracusa, ai microfoni di Emanuela Valente su Radio Cusano Campus in merito alla protesta del sindaco di Messina, Cateno De Luca. “Non tutti condividiamo alcune affermazioni. Io sono stato tra i primi a dire che andava chiuso tutto, ma non ci dobbiamo dimenticare che nelle emergenza l’unica cosa che non dobbiamo fare è dividerci e puntare il dito contro quell’istituzione o quell’altra”. “Se alcuni nostri concittadini sono in un luogo in cui non hanno una dimora, un lavoro, bisogna aiutarli. Dobbiamo richiamare i nostri cittadini a quei sentimenti di altruismo e di generosità, non sono l’odio e l’egoismo che possono prevalere in momenti come questo”. Per il sindaco di Siracusa, “è giusto controllare che vengano rispettate le norme, però non trasformiamo questa già grave crisi in un’occasione di disgregazione della nostra società. Io non ho soluzioni, c’è però qualcosa che mi guida e sono i miei valori, i valori della nostra Costituzione, il buonsenso, l’umanità”. “Ho assoluta percezione dei rischi che stiamo correndo, tant’è vero – aggiunge – che fui il primo a dire di chiudere tutto; non sono uno che la prende alla leggera. Dico semplicemente che ci sono valori e regole a volte anche non scritte di solidarietà umana di cui non ci dobbiamo dimenticare”. Sul sindaco di Messina il primo cittadino aretuseo dice: “Non ci siamo sentiti. ciascuno ha il proprio modo di valutare, affrontare e ciascuno si comporta come ritiene più in linea con il proprio stile e i propri valori. Ognuno ha il proprio senso dello Stato. Io non mi sognerei neanche in 3-4 vite di mandare a quel paese il ministero dell’Interno. Non mi sogno in un momento come questo di andare in tv e sparare a zero su un governo che sta affrontando una delle peggiori crisi degli ultimi 100 anni” conclude Francesco Italia. E gli appelli a non dimenticare l’umantà arrivano anche dagli studenti fuorisede. Studia a Torino, dove vive insieme alla sorella e due bassotti. Da 15 giorni Francesco La Spina, 23 anni, di Caltagirone, non esce da casa e ora che stanno finendo le provviste dovrà farlo per andare al supermercato. Ma tra un pò finirà i soldi e non sa come andare avanti. Così, stamane, racconta l’Ansa, ha scritto al presidente della Regione, Nello Musumeci, chiedendogli di trovare una soluzione per gli studenti siciliani (“soltanto qui – dice al telefono – tra Politecnico e Statale ci sono trecento miei concittadini, più o meno nella stessa situazione”) e consentire loro di far ritorno in Sicilia “per affrontare la quarantena in condizioni migliori: si potrebbero usare gli alberghi, immagino ormai vuoti; oppure il Cara di Mineo, un tempo utilizzato come centro d’accoglienza per i migranti. Ognuno potrebbe pagare per il periodo di permanenza in una strutture dove trascorrere la quarantena”. Francesco e la sorella avevano pensato di tornare in macchina domenica scorsa, ma hanno dovuto rinunciare a causa delle nuove disposizioni entrate in vigore poche ore prima di mettersi in viaggio. A Torino si mantengono agli studi facendo qualche lavoretto: lui è assistente arbitro di calcio, la ragazza fa la dog sitter. “Ma in questo momento lo sport è fermo e i padroni dei cani non rinunciano ceto all’unica possibilità che hanno di uscire”. “Mio padre lavora alla Confcommercio – aggiunge – e adesso è in cassa integrazione. Finora ci ha sostenuti assicurandoci i soldi dell’affitto, ma non credo che potrà più farlo. Tornare in Sicilia ci consentirebbe di ridurre le spese. Mi sembra scontato che le università non riapriranno prima di giugno. Ho scritto a Musumeci affinché si occupi dei tanti siciliani bloccati al Nord che, come me, si sentono abbandonati”. E rivolgendosi al governatore dice: “Mai avrei potuto immaginare di vedere i siciliani sani contro i possibili infetti”. Navigazione articoli (VIDEO) SIRACUSA. PROSEGUONO SUL TERRITORIO ATTIVITA’ DI CONTROLLO NOTO. INTENSIFICATI I CONTROLLI PER SCONGIURARE ASSEMBRAMENTI