Nel santuario di Erchie dal 25 aprile al 2 maggio il corpo di ...

Ricorre sabato il 160mo anniversario della traslazione del corpo di Santa Lucia dalla chiesa veneziana che sorgeva dove ora c’è la stazione ferroviaria, alla chiesa di San Geremia, attuale Santuario.

“Un momento storico che deve farci ricordare che non dobbiamo lasciare nulla di intentato affinché Lucia torni per sempre nella sua Siracusa, perché rappresenta larghissima parte della identità e della spiritualità del nostro popolo, della nostra comunità”. Così si esprime Salvo Sorbello, ex amministratore comunale, in un comunicato diffuso alla stampa: “Se ricostruiamo per grandi linee le varie tappe che hanno portato le spoglie della nostra Vergine nella chiesa di san Geremia, ricordiamo che nel 1039 Giorgio Maniace trasportò, prelevandolo dalla catacombe siracusane, il corpo di santa Lucia a Costantinopoli. Nel 1204, durante il saccheggio di Bisanzio e delle sue numerose e splendide basiliche, ad opera dei crociati, anche quella che ospitava il corpo di santa Lucia fu devastata e le spoglie della nostra Santa, che erano assai venerate in tutto l’Oriente cristiano, furono prelevate dai veneziani guidati dal doge Enrico Dandolo. Il 18 gennaio del 1205 arrivarono nella città lagunare e riposte presso San Giorgio Maggiore ma, probabilmente a seguito di tragici eventi atmosferici verificatisi il 13 dicembre del 1279, si decise di traslarle in una chiesa cittadina dedicata alla Santa. Il 18 gennaio dell’anno successivo furono quindi portate in una chiesa sul Canal Grande, proprio dove ora sorge la stazione ferroviaria, che per questo porta il nome di santa Lucia”.

“Dopo varie vicissitudini – prosegue nel suo racconto Sorbello – papa Sisto IV stabilì, con un suo provvedimento, che il corpo della nostra Santa restasse nella chiesa ma sotto la giurisdizione delle suore agostiniane del monastero dell’Annunziata, che da allora prese quindi il nome di Santa Lucia. Quando gli austriaci decisero di realizzare il ponte ferroviario e la stazione proprio dove si trovava il convento, si procedette alla sua demolizione e il corpo di santa Lucia venne trasferito, l’11 luglio 1860, con una solenne processione, nella vicina parrocchia di San Geremia. Per sette giorni, per volontà del patriarca, venne esposto sull’altare maggiore, per poi essere collocato in un altare laterale, in attesa della costruzione di una cappella, inaugurata l’11 luglio di tre anni dopo e  realizzata utilizzando il materiale del presbiterio della chiesa demolita”.

“Nella ricognizione effettuata prima del trasporto delle reliquie di Santa Lucia a San Geremia – continua Sorbello – la commissione, presieduta dal cardinale Angelo Ramazzotti, patriarca di Venezia e dal dottor Luigi Nardo, direttore e medico dell’Ospedale Civico veneziano, che redasse il verbale, venne attestato che il corpo di santa Lucia era incorrotto, la pelle era disseccata e tesa e mancavano la mano sinistra e il pollice della mano destra. Nel corso dei secoli innumerevoli sono stati gli appelli e le accorate preghiere per far tornare, in maniera definitiva, il corpo di Santa Lucia nella città dove nacque e dove subì il martirio. Tre illustri storici della Chiesa siracusana, prima mons. Ottavio Garana, l’alto e corpulento canonico le cui semplici ma coinvolgenti omelie ascoltavo incantato, chierichetto adolescente nell’affollata messa mattutina delle 7,15 durante la Tredicina di Santa Lucia, poi mons. Pasquale Magnano e in seguito mons. Sebastiano Amenta, hanno documentato gli sforzi della comunità siracusana che ha sempre rivendicato, da lunghissimo tempo, proprio il corpo della propria Patrona, come ricorda Pucci Piccione, presidente della Deputazione della Cappella di Santa Lucia”.

“Numerosi sono stati, nel corso dei secoli – afferma ancora Sorbello – gli appelli rivolti dai cittadini di Siracusa alla Serenissima affinché restituisse loro le sacre spoglie di Lucia. Per non andare troppo lontani, ricordiamo la richiesta dell’illustre sacerdote e storico siracusano Giuseppe Maria Capodieci, che nel 1787 esperì un primo, infruttuoso tentativo, seguito da un altro nel 1834 e successivamente  dall’appello-petizione al patriarca Pietro Aurelio Mutti del 1855. In occasione del XVI centenario del martirio, nel 1904, fu inoltrata supplica a papa Pio X, che, il 26 aprile dello stesso anno rispose a mons. Carlo Lipari di Siracusa per il tramite del cardinale Raffaele Merry del Val, segretario di stato, lasciando in pratica piena libertà di decisione alle diocesi di  Venezia e di Siracusa. Luigi Bignami, arcivescovo di Siracusa, chiese e ottenne da Pio X la sostituzione nella sua diocesi di due strofe dell’inno mattutino della santa, riferite proprio alla traslazione delle spoglie a Venezia e alla devozione dei veneziani. Durante il fascismo, nel 1935, fu presentata una nuova istanza, da parte dei Vescovi, del clero, delle Autorità e dei comuni di tutta la Sicilia. Un vero e proprio appello al capo del governo Benito Mussolini venne rivolto nel 1937 dall’arcivescovo Ettore Baranzini, in occasione della visita del duce a Siracusa, per l’inaugurazione del Pantheon. Sembrava la volta buona, visto che, nel mese di agosto dello stesso anno, Mussolini incaricò di una missione esplorativa a Venezia il suo amico personale padre Pietro Tacchi Venturi, autorevole gesuita e negoziatore dei Patti Lateranensi. Ma Tacchi Venturi non riuscì nell’intento di convincere il patriarca Adeodato Giovanni Piazza, che non volle saperne di esaudire le sacrosante richieste dei siracusani. Per inciso, il cardinale Piazza passerà alla storia anche per aver pubblicato una lettera pastorale in cui giustificava la legislazione antisemita italiana, affermando tra l’altro: “Sono gli stessi ebrei, con i loro comportamenti, che in ogni tempo e in ogni luogo provocano queste reazioni”. Altre richieste furono rinnovate nel 1940, in occasione del Congresso Eucaristico Regionale Siciliano e il 7 agosto del 1949 al papa Pio XII da parte del consiglio comunale di Siracusa alla prefettura della Congregazione dei Riti. Un’ulteriore, pressante  azione venne compiuta nel 1965, ma papa Paolo VI rispose ai siracusani che dovevano inoltrare la loro richiesta tramite il loro Vescovo”.

“Non viene meno, anche ai nostri giorni – conclude nel suo comunicato, Sorbello – l’aspirazione dei cittadini di Siracusa, seguendo l’insegnamento del grande arcivescovo Bignami che incoraggiò il popolo siracusano “a non desistere dal reclamare la restituzione del corpo di Santa Lucia”. Siracusa ha dato i natali a Lucia ed è stata bagnata dal sangue del suo Martirio ma ha dovuto attendere ben 965 anni dal prelievo della salma da parte di Maniace, il 15 dicembre del 2004, durante i solenni festeggiamenti per il XVII Centenario del martirio di santa Lucia, per vedere tornare, solo per una settimana, il corpo della sua amata Patrona: ” Lucia, Sarausana jè!”.

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