“La Regione Siciliana intervenga con il Governo nazionale, affinché venga previsto nella prossima legge di Bilancio, un nuovo contributo a fondo perduto per le imprese. È però necessario superare la logica dei singoli interventi legati a specifiche attività individuate dai codici Ateco”. È questa la richiesta di Confartigianato Sicilia al Governo Musumeci. “Chiediamo alla Regione – dicono i vertici della federazione regionale – di farsi interprete delle nostre istanze, facendole proprie, nelle varie sedi di confronto e di interlocuzioni con il Governo, Conferenza Stato Regioni, incontri con i vari ministri e con il Primo Ministro”. “Tale nuovo contributo dovrebbe basarsi su tre principali criteri. Innanzitutto è necessario nel provvedimento scegliere con cura i destinatari – spiegano Giuseppe Pezzati ed Andrea Di Vincenzo, rispettivamente presidente e segretario di Confartigianato Sicilia – che devono essere tutti i titolari di partita Iva tenendo conto di quanto già corrisposto con i decreti ‘Ristori 1’ e ‘Ristori bis’. Secondo punto è il calo di fatturato che deve essere calcolato in relazione ai mesi interessati dai nuovi provvedimenti restrittivi (non più solo aprile 2020). Infine l’ammissione al contributo deve essere consentita solo in presenza di un calo significativo di fatturato rispetto al corrispondente periodo del precedente periodo d’imposta”. Confartigianato Sicilia sottolinea l’urgenza di fare arrivare nelle casse delle imprese siciliane liquidità immediata, un vero e proprio ristoro per le piccole aziende e gli artigiani che dalla scorsa primavera sono state messe in ginocchio dalla pandemia. Una richiesta forte, supportata anche dai numeri della crisi, evidenziati dall’Osservatorio economico di Confartigianato, che ha stimato, alla luce della nuova ondata di Covid-19 in corso, quale potrebbe essere l’impatto economico sulle imprese siciliane. E lo scenario è devastante: si parla di una minore crescita tra il 2020 e il 2021 di 4 miliardi di euro. Tra i settori più colpiti dalla prima ondata Covid, ne troviamo molti dove l’artigianato rappresenta una quota significativa: trasporto persone, turismo, moda, legno-arredo e benessere. Mentre il settore anticiclico è stato quello dell’alimentare. Il sistema delle imprese, comunque, ha mostrato vitalità e capacità di reazione alla crisi da Covid-19, ma il peggioramento mondiale della situazione sanitaria ha compromesso la ripresa. Ad agosto 2020 gli indici della produzione manifatturiera e delle vendite al dettaglio, al netto della stagionalità, recuperano i livelli pre Covid-19 di febbraio 2020. Anche nelle costruzioni, settore maggiormente penalizzato durante i mesi del lockdown primaverile, la produzione ha mostrato un apprezzabile recupero. E nei mesi estivi di recupero avevamo assistito a un consolidamento della fiducia delle imprese, con il relativo indice che a settembre si riavvicinava ai livelli pre-crisi di febbraio. Il peggioramento in corso della situazione sanitaria aumenta l’incertezza, compromettendo la ripresa registrata finora. Sulla base della valutazione dei rischi sulla crescita contenuta nella nota di aggiornamento del DEF 2020 pubblicata il 5 ottobre scorso, sono ipotizzati due scenari avversi, consistenti da un lato in una recrudescenza dei contagi da Covid-19 tra ottobre di quest’anno e gennaio 2021 che porterebbe a restrizioni parziali se non totali (in base alle cromature delle zone assegnate dal Governo) della mobilità e delle attività economiche. Dall’altro si assiste ad una caduta della domanda mondiale più pronunciata a seguito di una evoluzione sfavorevole dell’epidemia a livello internazionale. In Italia gli effetti cumulati nei due scenari avversi porterebbero a maggiori perdite di PIL di 1,5 punti, pari a 23,8 miliardi di euro nel 2020 e di ulteriori 3,3 punti, pari a 61,6 miliardi di euro nel 2021, più che dimezzando il recupero previsto del 6%. Il recupero dei livelli pre Covid- 19 si allontanerebbe di un anno, arrivando al 2023, e per allora il PIL sarà ancora inferiore del 2,5% rispetto al livello del 2007, prima della Grande Crisi. La minore crescita in Sicilia nel 2020 e 2021, se parametriamo alla quota del PIL e delle esportazioni regionali gli effetti cumulati su base nazionale dei due scenari avversi di recrudescenza autunnale del Covid-19, per la Sicilia si registrerebbe una perdita di PIL di 1,1 miliardi di euro nel 2020 e di ulteriori 2,6 miliardi nel 2021. Nei due anni in esame si cumula una minore crescita per 3,7 miliardi di euro. “In Sicilia abbiamo 72 mila imprese artigiane registrate che danno lavoro a 125 mila unità. Di cui 15 mila imprese sono associate a Confartigianato, che danno lavoro a 35 mila occupati. Noi – dicono Pezzati e Di Vincenzo – rappresentiamo queste imprese e dobbiamo impegnarci per aiutarle e sostenerle. Lo abbiamo detto più volte in questi giorni e lo ribadiamo anche adesso l’urgenza, ormai indifferibile, di individuare soluzioni efficaci, rapide e di carattere generale per il mondo produttivo, che coinvolgano tutte le imprese senza discriminazioni di codici Ateco o di colore della Regione di appartenenza. Non possiamo non tenere conto, nei nostri ragionamenti, dei numeri forniti dal nostro Osservatorio economico. Il Governo regionale, nel suo confronto quotidiano con Roma deve farsi portavoce per la nostra Sicilia. Il governo Musumeci deve sostenere le nostre richieste, discutendone nella conferenza Stato Regioni ed in tutte le sedi di confronto con il Governo nazionale”. Navigazione articoli Coronavirus. I lidi balneari siciliani non dovranno pagare il canone 2020 Pensioni dicembre 2020, pagamento ancora in anticipo: il calendario ufficiale