Crisi Covid, crisi Ucraina, caro energia, inflazione. Lo “shock” per l’economia italiana degli ultimi tre anni si fa sentire, ma in particolar modo al Sud. Dove Svimez, Associazione per lo sviluppo per l’industria del Mezzogiorno, prevede addirittura una “recessione” per il 2023, quantificata nel meno 0,4 per cento di prodotto interno lordo. Per l’intera Italia si prevede, invece, un minimo positivo di mezzo punto percentuale, con il Centro-Nord che arriverebbe allo 0,8 per cento di crescita.

Un Paese, quindi, a due velocità verso il baratro della recessione. La fotografia scattata dalla Svimez nel rapporto del 2022, presentato ieri alla Camera dei deputati, immortala il divario tra Nord e Sud. 

Le previsioni per il prossimo anno non sono rosee, i timori principali riguardano soprattutto il picco dell’inflazione che dovrebbe interessare in maniera più marcata il Mezzogiorno (8,4%; 7,8% nel Centro-Nord). Nel 2023 il Mezzogiorno rischia la recessione con un Pil che potrebbe contrarsi fino a -0,4% contro il +2,9% di quest’anno. Nefaste le conseguenze sui consumi, soprattutto al Sud: qui il combinato disposto dei rincari delle bollette e dei beni di prima necessità potrebbero portare l’indice delle famiglie in povertà assoluta a crescere di un punto percentuale (toccando quota 8,6% e marcate differenze tra regioni del Sud e del Nord Italia). 

L’impatto dello shock ucraino ha più incidenza nel Mezzogiorno che possiede un tessuto produttivo caratterizzato da imprese di piccole dimensioni che devono fare i conti con dei costi più elevati per approvvigionamento energetico, Stessa storia per le spese destinate ai trasporti che equivalgono al doppio di quelle sostenute nelle regioni del nord. 

In questo quadro si incastona la Sicilia attanagliata dalle fragilità strutturali di sempre con una previsione del Pil da fare tremare le vene ai polsi dal 4,9% (2021) al 2,5%  (2022). Ma c’è di più: nel 2023 il valore si aggira intorno allo 0,7%, l’anno successivo risale fino a sfiorare quota 1%. Tasto dolente dell’isola si riconferma l’istruzione soprattutto in termini di servizi offerti all’utenza (settore da pungolare sfruttando al massimo le possibilità del Pnrr): otto studenti siciliani su dieci non godono del servizio di mensa e della palestra.  

Per tenere botta e invertire la rotta saranno preziose le risorse previste dal Pnrr (“l’ultimo treno per il Mezzogiorno” le ha definite il direttore Luca Bianchi), però secondo gli economisti della Svimez qualcosa non sta andando come dovrebbe: la soglia del 40% della spesa investimenti per colmare il divario tra Nord e Sud è più bassa. Senza contare l’elefantiaca lentezza che caratterizza gli enti locali del Sud rispetto alle tempistiche medie seguite nel resto del Paese come è emerso nella corsa per partecipare ai bandi del Pnrr. 

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