“Giuro che mentre traducevo Eschilo mi sentivo in un teatro del quinto secolo a.C., davanti al mare, mi sono immerso a tal punto nella sensibilità e nelle emozioni del “Prometeo“ da essere del tutto felice“.

A dirlo è Roberto Vecchioni, cantautore di rara sensibilità e di lungo successo, che però ha un’altra vita ben più preziosa a sentir lui: essere un grecista.

Legge il greco da quando aveva 10 anni e poi lo ha insegnato per 40 anni. Traduce senza vocabolario, se non raramente quando vuole una conferma. Tutto questo tra gli addetti ai lavori è risaputo e non è sfuggito alla professoressa Margherita Rubino che per conto dell’Inda gli ha affidato la traduzione del Prometeo“ di Eschilo che ha inaugurato ieri sera al Teatro Greco di Siracusa la stagione di spettacoli classici.
“All’inizio – confessa il professore – ho fatto salti di gioia, poi invece ci sono stati momenti di grande ansia. Eschilo è difficile ed è il più originale. Ci stupisce sempre come quando ne “I Persiani“ consola i nemici. Nel Prometeo invece mette a confronto, durissimo, il potere con un contropotere.
Solo la democrazia permette la contraddizione e in Prometeo la abbiamo, si rifiuta di obbedire a Zeus e gli tiene testa.
Nell’eroe greco questo non c’è, o si ammazza come Aiace, o si acceca come Edipo, mentre qui c’è un’opposizione, un dir di no a Zeus, al potere supremo“.
L’autore di tante canzoni di successo come “Luci a San Siro“ o “Samarcanda“ sottolinea, infine, la grande consolazione di immergersi in qualcosa che si ama profondamente: “Questa esperienza per il teatro di Siracusa è la cosa più bella che mi sia mai capitata dopo i miei figli e mia moglie…“ (ANSA).

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