Il cambiamento climatico è in atto ma le città siciliane sono allo sbando e ancora non hanno gli strumenti per affrontarlo. Risulta evidente soprattutto dagli eventi estremi che nell’ultimo anno hanno colpito tutta la Sicilia: dalle ondate di calore con punte di 48,8 gradi e gli incendi devastanti di questa estate, alle alluvioni degli ultimi mesi. Tutti eventi che i centri urbani non sono stati in grado di gestire, anche a causa della loro morfologia, e che hanno pagato le popolazioni in termini sia economici (come i danni alle aziende agricole) sia in termini umani (come le quattro morti e i molti feriti causati dalle forti piogge). Secondo l’ultimo rapporto Cittàclima di Legambiente la Sicilia orientale è una delle 14 aree d’Italia più colpite dagli eventi estremi causati dal cambiamento climatico. E risulta evidente questa correlazione dato che dal 1960 al 2020 le temperature medie annue solamente a Catania e Palermo sono aumentate di 2,52°. Ben oltre l’aumento di 1,5° che segna il limite massimo da non raggiungere entro il 2030. “1,5° non è una cifra che arriva dal nulla. – spiega il delegato all’emergenza climatica dell’Università di Catania, Christian Mulder – La temperatura media annua del pianeta Terra è di 15°. Quindi 1,5° vuol dire esattamente il 10% della temperatura media del pianeta. Se noi dovessimo avere il 10% di temperatura corporea in più sono convinto che ognuno farebbe venire di corsa il proprio medico di base a casa, perché avremmo 41 di febbre”. Una situazione che rende sempre più frequenti gli eventi estremi: solo nell’ultimo anno in Sicilia ce ne sono stati ben 90. Eventi che le città, per come sono costruite, non riescono a reggere. Complice anche il fatto che non sono progettate per essere resilienti al cambiamento climatico: non esistono i cosiddetti piani di adattamento. Anche se va detto che ancora non esiste nemmeno un piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico, che dovrebbe guidare le città a orientarsi in una nuova pianificazione urbanistica. La conseguenza diretta è che i comuni si muovono in ordine sparso e poco efficiente: solamente quattro comuni in tutta Italia, secondo Legambiente, hanno dei piani di adattamento completi. Tra i fattori che rendono le città siciliane estremamente vulnerabili al cambiamento climatico ci sono sicuramente tutti quei mali ambientali che il Quotidiano di Sicilia denuncia ormai da anni: la mancanza di verde urbano, la scarsa sostenibilità della mobilità, la cementificazione selvaggia e in molti casi abusiva, il consumo di suolo (nel 2020 sono stati cementificati 400 nuovi ettari) e di contro il non riutilizzo dei tanti palazzi abbandonati che invece rimangono tali. Parlando, infine, solamente del verde urbano, ad esempio, la sua incidenza rispetto alla superficie comunale nei nove capoluoghi siciliani è solamente dell’1,4%. Una percentuale estremamente bassa. A sottolineare ancora di più la mancanza del verde urbano, che oltre ad assorbire le molecole di CO2 presenti nell’aria contribuisce a mitigare la temperatura, è la disponibilità di verde urbano espressa in metri quadri per abitante, nettamente inferiore alle altre città italiane. Navigazione articoli Siracusa. Progetto ambientale del Comune, “La bellezza che resiste”, per studenti a Villa Reimann Siracusa, Quadrilatero industriale tra passato, presente e futuro