Condanna definitiva a 30 anni di reclusione per Paolo Cugno, il giovane di Canicattini Bagni accusato dell’omicidio di Laura Petrolito.

La Corte di Cassazione, infatti, ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal legale dell’imputato, Carlo Taormina, con cui si chiedeva di prendere in considerazione l’incapacità di intendere e di volere del proprio assistito.

I fatti

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, Cugno, nel 2017, al culmine di una lite con la compagna, aveva inflitto numerose coltellate sul corpo della donna, e poi aveva gettato il cadavere in un pozzo artesiano in un appezzamento di terreno, a Canicattini. Il giovane era stato fermato dai militari alcune ore dopo il delitto e aveva confessato. La difesa ha sempre sostenuto l’incapacità di intendere e di volere.

Il giorno della morte di Laura

Laura e il suo compagno erano usciti di casa per una passeggiata lasciando il figlio piccolo con il nonno, il papà della ragazza. Non avevano fatto più rientro. In serata l’uomo aveva iniziato a chiamare entrambi i cellulari senza ottenere alcuna risposta e poi aveva avvisato i Carabinieri, nella convinzione che alla figlia potesse essere successo qualcosa.

Almeno 16 coltellate erano state riscontrate quando venne eseguito l’esame autoptico sul corpo della giovane donna. Le ferite furono individuate all’altezza dell’addome e del torace. Sei le coltellate vitali a polmone, fegato, reni e vescica.

omicidio laura petrolito Archivi - La Gazzetta Siracusana

La difesa puntava sulla incapacità di intendere e di volere

Già in appello con il difensore di Cugno, all’epoca era l’avvocato Titta Rizza, aveva puntato sulla presunta incapacità dell’imputato, chiedendo una perizia psichiatrica. Richiesta anche ai tempi e rigettata dalla Corte d’Appello di Catania che aveva confermato la pena, comminata a Cugno in primo grado, sempre di 30 anni. Che oggi la Cassazione ha dichiarato definitiva.

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