La flotta da pesca italiana resta in porto e smette di lavorare, stretta fra un gasolio carissimo, limiti alla pesca e normative del lavoro assurde. “Da questa mattina le marinerie siciliane di Portopalo di Capo Passero, Siracusa, Marzamemi, Scoglitti, della provincia di Messina, Cefalù, Sciacca, sono tutte ferme per il caro gasolio. Anche una parte di quella di Catania ha già aderito ed un’altra parte lo farà a breve. Non si possono più sostenere le spese” dichiara Fabio Micalizzi, presidente della Federazione armatori Sicilia.

“I prezzi del gasolio – aggiunge – sono arrivati alle stelle e stanno letteralmente rosicchiando il fatturato dei pescatori isolani.

Per una sola giornata, infatti, i pescherecci sono costretti a mettere sul piatto una cifra pari a 2mila euro. Una situazione al limite che, adesso, rischia di sfociare in malcontenti e mobilitazioni.

“Lunedì mattina, 13 giugno, inizieremo i ‘blocchi’ dei porti di Catania, Trapani e Sciacca ed è in fase di valutazione una manifestazione pacifica con i pescherecci sullo Stretto di Messina, Villa San Giovanni” assicura il Presidente della Federazione Armatori Sicilia, Fabio Micalizzi.

“In queste ore – aggiunge Micalizzi – proseguono confronti anche con agricoltori e autotrasportatori. Si segnala inoltre un duro confronto con le associazioni di categoria ‘storiche’, in questo momento, forse già in spiaggia”.

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“Tutto questo rende la pesca italiana non più competitiva – conclude Micalizzi – non solo con le grandi navi oceaniche, ma perfino con gli altri paesi rivieraschi del Mediterraneo. A questo punto le navi restano in porto e il pesce viene solo importato. Fine di una fetta importante della nostra marineria“.

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