La cenere vulcanica caduta sui territori del Catanese dopo l’eruzione dell’Etna la notte di Ferragosto continua a far discutere. Dopo le proteste e gli appelli delle comunità e dei commercianti dei centri coinvolti, il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha chiesto al Dipartimento della Protezione civile nazionale la dichiarazione dello stato di crisi e di emergenza per i danni e la rimozione della cenere vulcanica.

Il governatore chiama, quindi, in causa direttamente il ministro Nello Musumeci, che ha la delega proprio alla Protezione civile. Musumeci, catanese, come è noto è stato il predecessore di Schifani alla Presidenza della Regione. Tra i due, pare, non corra buon sangue. Lo dimostrano i continui battibecchi di questi mesi. Dallo scontro dello scorso gennaio a causa dell’iniziale mancato riconoscimento da parte del governo nazionale dello stato di emergenza alla Sicilia sull’emergenza incendi, fino al recente botta e risposta sulla decisione della Rai di mettere in onda, a settembre, la fiction girata sull’Isola di Stromboli le cui riprese causarono un disastroso incendio sul territorio.

Adesso questa nuova presa di posizione di Schifani, di fronte ai forti disagi di un’intera comunità che deve fare i conti, ancora una volta, con le conseguenze e i danni causati dalla caduta della cenere dell’Etna. Per gli addetti ai lavori la sortita del governatore di Forza Italia ha una chiara connotazione politica. Sta di fatto che la stessa Regione ha fatto sapere che “se non fossero ritenuti presenti i requisiti necessari, in alternativa, il governatore siciliano richiede lo “stato di mobilitazione del servizio nazionale di Protezione civile a supporto del sistema regionale, al fine di attivare ogni possibile iniziativa per la rimozione del materiale vulcanico, la messa in sicurezza del territorio interessato, la mitigazione dei rischi e l’assistenza alla popolazione colpita”.

«Occorre un’azione urgente e straordinaria  – ha affermato il presidente Schifani – per rimuovere la cenere da suoli e coperture, tutelare le attività economiche e preservare la salute dei cittadini. Chiediamo a Roma di intervenire perché con i fondi regionali e i mezzi a disposizione dei Comuni siciliani occorrerebbe oltre un mese di tempo per eliminare il materiale vulcanico. Troppo per far fronte ad eventuali altri fenomeni o all’’occlusione delle vie di smaltimento delle acque in caso di pioggia. Con quanto a nostra disposizione attualmente non è possibile garantire la necessaria tempestività».

Qualche giorno fa Schifani ha assicurato al presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, la disponibilità del governo regionale a recuperare ulteriori risorse per far fronte all’emergenza.

Nel documento si rammenta che la Regione ha già stanziato un milione di euro destinato ai Comuni per la raccolta e la rimozione del materiale vulcanico dal suolo, ma che tale cifra appare insufficiente di fronte a una spesa necessaria stimata in almeno 7,5 milioni, se non di più, visto che i fenomeni parossistici continuano a ripetersi. Altri 30 milioni sarebbero necessari per i danni alle coperture degli edifici pubblici e ai sistemi di smaltimento delle acque. A ciò vanno aggiunti danni diretti e indiretti alle attività economiche,  calcolabili in centinaia di milioni di euro.

Intanto, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Osservatorio Etneo, comunica che a partire dalle 02:30 UTC dalle immagini delle telecamere di sorveglianza, si osserva attività stromboliana al cratere Voragine. Il modello previsionale di dispersione dell’eventuale nube vulcanica indica una direzione ENE.

A partire dalle ore 02:00 UTC il tremore ha mostrato un rapido aumento, le localizzazioni della sorgente sono in corrispondenza del cratere Voragine a circa 2000 metri di quota. L’attività infrasonica è scarsa sia in ampiezza che in numero di eventi. I dati delle reti GNSS e clinometrica, per il monitoraggio delle deformazioni del suolo, non mostrano variazioni significative.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com