Roberto Alosi, 57 anni, è il nuovo segretario generale della Cgil di Siracusa. Laureato in filosofia, sposato e padre di due figli, Alosi milita nella Cgil sin dagli anni ’90. Dal 2002 è stato segretario generale della Cgil Scuola traghettandola poi nella Flc, quando è stato inserito fra le competenze della categoria anche il mondo universitario. E’ rimasto in carica fino al 2012 quando è stato chiamato a fare parte della segreteria della Cgil, con l’incarico di responsabile delle Politiche Industriali.

“Quando una organizzazione come la nostra – dichiara il neo Segretario Generale della CGIL di Siracusa, Roberto Alosi –  si accinge  a compiere un passaggio del testimone di questa natura,  non solo segna  un momento di verifica e di riflessione su quanto realizzato, ma traccia il punto di partenza di una nuova agenda politica e di un nuovo impianto strategico dell’agire sindacale. Da questo punto di vista, se  restringiamo la valutazione agli ultimi sei anni di guida politica affidati al compagno Paolo Zappulla, con il quale ho avuto l’onore e il privilegio di collaborare nel ruolo di componente della segreteria confederale, ci imbattiamo in un’accelerazione organizzativa e in un riconosciuto protagonismo politico-sindacale davvero straordinari. In tutti questi anni, abbiamo fatto in modo non solo di resistere ai micidiali attacchi provenienti dai vari governi in carica, ma anche di rilanciare la nostra azione, radicando in modo capillare la nostra presenza in tutta la provincia, aprendo Camere del lavoro in 20 Comuni del nostro territorio su un totale di 21, ed elevando i nostri presìdi a punti di riferimento autorevoli per le istituzioni, le aziende, il sistema delle imprese, i lavoratori, i pensionati, i cittadini, insomma il territorio nel suo complesso. Tuttavia, le tante vertenze irrisolte (dal pubblico impiego alle questioni del risanamento ambientale, dalla sanità pubblica, ai pensionati, al terziario, alle povertà crescenti, alla crisi del settore delle costruzioni, dei trasporti, dell’agroalimentare e della forestazione, alle questioni generali del servizio idrico integrato, dei rifiuti, della pressione fiscale) ci consegnano un territorio, il nostro, impoverito nella sua valenza sociale, occupazionale, produttiva e finanche nella sua valenza etica nei confronti del principio di dignità dei lavoratori e dei cittadini.

Gli ultimi dati ISTAT, relativi al 2° trimestre 2016, confermano per Siracusa un lavoro sempre più povero e con meno diritti. I flussi di ricchezza si spostano prepotentemente per oltre il 75% nel sistema dei servizi che, al netto degli occupati nel pubblico impiego e nella scuola che ne costituiscono appena il 15%, registrano il 60% degli occupati attivi della nostra provincia nell’ambito di lavori a basso valore aggiunto (addetti ai ristoranti, alberghi, commercio e servizi) e con remunerazioni ai limiti della sopravvivenza individuale (al di sotto della soglia di 500 euro al mese), restringendo prepotentemente il flusso di ricchezza reale, imputabile alla produzione di beni materiali (agricoltura, industria e settore delle costruzioni), ad un residuale 25%. Un quarto della nostra popolazione, inoltre, vive di assegno pensionistico di assai modesta entità (poco più di 600 euro al mese) e oltre 150.000 persone (fra inattivi, disoccupati e ostaggi del lavoro nero) sono senza un lavoro o vivono di espedienti e ammortizzatori sociali ormai in via di totale estinzione. Siamo di fronte ad una modificazione della geografia sociale e del mercato del lavoro di non poco conto che pone profondi interrogativi e ripensamenti al nostro agire sindacale. Perché la perdita del lavoro e il lavoro che non c’è, va oltre la perdita del reddito e della sicurezza economica. E’ lo smarrimento dei legami sociali, è il venir meno dei diritti, fino al diritto democratico supremo, ovvero il sentimento della cittadinanza.

Alla luce di tutto ciò, occorre costruire nel nostro territorio un punto di vista alternativo, che rifocalizzi il principio della centralità del lavoro, indirizzando tutte le politiche  all’obiettivo della massima occupazione, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione e con una fortissima funzione di coordinamento e di regia del potere pubblico ai diversi livelli. Si tratta di operare un rovesciamento rispetto a tutte le pratiche oggi dominanti, orientate solo all’equilibrio di bilancio e alla minimizzazione del perimetro pubblico, in nome della libertà di mercato. Per rispondere a tutto questo, io credo che occorra orientare il nostro agire sindacale nella direzione di  uno sforzo comune di responsabilità per una rinnovata stagione di forte unità sociale e sindacale. Ciò che non riesce alla politica, deve diventare l’impegno imprescindibile delle forze sindacali unite, coese, in grado di rappresentare un baluardo sociale compatto e di grande prestigio propositivo. Se sapremo fare questo, riusciremo a rappresentare una splendida anomalia e un severo monito nei confronti di una politica sempre più spaccata, ad un passo dall’essere travolta dalle fasce più fragili e impaurite delle nostre popolazioni, oggi facili prede di spregiudicate politiche anti-istituzionali e pericolosamente autoritaristiche.

Noi siamo pronti, abbiamo idee, proposte, strumenti di osservazione e un articolato Piano territoriale del lavoro in grado di affrontare la sfida di un nuovo modello di sviluppo economico e produttivo del nostro territorio. La nostra è un’area che, nonostante tutto, mantiene intatte le sue enormi potenzialità di crescita e di attrazione di risorse, disponendo di un inestimabile patrimonio industriale, agroalimentare e culturale. E’ una terra, la nostra,  dalle grandi contraddizioni, economiche e sociali, che attendono, ancora oggi,  di ricomporsi in una visione condivisa di sviluppo e in una capacità progettuale di ampio respiro che sappia traguardare il futuro. Per fare tutto ciò, bisogna rilanciare con maggiore convinzione una grande stagione di alleanze, di confronto ma anche di conflitto con i decisori politici e datoriali, affinché  possano prendersi in carico l’onere di elaborare un’idea, un progetto, una visione d’insieme del territorio condivisa e partecipata e su quella convogliare investimenti, risorse e intelligenze. Ce lo impongono i lavoratori e l’interesse generale della collettività.

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