C’è poco da fare. Le concessioni balneari scadranno a partire dal primo gennaio 2024 in tutta Italia, Sicilia compresa. Le due sentenze n.17 e 18 pronunciate lo scorso 9 novembre dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato non lasciano, infatti, spazio alle interpretazioni. Nella prima, peraltro, i giudici amministrativi del massimo grado si sono espressi proprio su un ricorso della siciliana Comet Srl, titolare di una concessione demaniale di cui chiedeva l’estensione fino al 2033 e che già il Tar di Catania aveva rigettato in quanto la legge nazionale è in contrasto con la direttiva 2006/123/CE che stabilisce, all’articolo 12, il principio della “libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri”. “Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19”, ha stabilito il Consiglio di Stato, sono in contrasto con il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e con la direttiva Bolkestein. E “deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari”, i quali potranno partecipare alle gare che dovranno essere bandite. Quello che emerge dalle due sentenze è che la norma europea è self-executing e dunque l’organo amministrativo non può applicare la norma primaria nazionale o regionale in conflitto con il diritto comunitario. In particolare la legge 145/2018 con cui, in palese contrasto alla legislazione europea, l’Italia ha prorogato di ben quindici anni, cioè fino al 31 dicembre 2033, la validità delle concessioni ai lidi. Un tempo enorme che di fatto continua a negare nel nostro Paese la concorrenza e dunque gli investimenti in un settore strategico come quello del turismo, garantendo rendite di posizione cristallizzate da decenni. Anzi, le pronunce del Consiglio di Stato sono molto più equilibrate di quanto una certa parte politica vorrebbe far credere: i giudici, infatti, sono andati in qualche modo oltre la loro competenza, assumendosi la responsabilità di “concedere” due anni ancora di proroga, fino al 31 dicembre 2023, per consentire “alla pubblica amministrazione di intraprendere sin d’ora le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara”, “a Governo e Parlamento di approvare doverosamente una normativa che possa finalmente […] disciplinare in conformità con l’ordinamento comunitario il rilascio delle concessioni demaniali”, nonché “per evitare l’impatto sociale ed economico della decisione”. Ma non ci potranno essere più altre “estensioni”, a meno che il nostro Paese voglia andare a scontrarsi a muso duro con l’Ue, rischiando pesanti sanzioni. Dal primo gennaio 2024, si legge in un comunicato, “non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza”. Scaduto tale termine, quindi, “tutte le concessioni demaniali dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente da se via sia – o meno – un soggetto subentrante nella concessione”. Questo perché, secondo il Consiglio di Stato, il confronto concorrenziale, oltre ad essere imposto dal diritto Ue, “è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessita”. Navigazione articoli MELILLI, INTERVENTI DEL COMUNE SU SICUREZZA NELLA SCUOLA “MANDOLFO” E VIDEOSORVEGLIANZA NEI PARCHI. Sicilia, nuovi obblighi per limitare contagi, ordinanza Musumeci già in vigore