“Siamo alla coda della pandemia” e perciò possiamo sognare “di riprenderci una a una tutte le libertà perdute negli ultimi due anni”. È ottimista Sergio Abrignani, immunologo della Statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico, che in un’intervista al Corriere della Sera si dice pronto a stipulare una sorta di contratto con la variante Omicron: “Ci metterei la firma, se il virus restasse così e non cambiasse più”.

Verso l’endemia

Il punto, osserva, è che “sia Omicron 1 sia il tipo 2 sono meno pericolose di Delta per i vaccinati con due o tre dosi in quanto, è ben dimostrato, inducono meno malattia severa. Mi auguro che sia questo il virus destinato a restare fra noi diventando endemico. Penso sia difficile che spunti fuori una variante più contagiosa. Fra gli italiani che si sono immunizzati con il vaccino, con l’infezione naturale causata dalle precedenti varianti e infine da Omicron, si raggiunge un alto livello di immunità. Così si arriva all’endemia. Il virus non sparisce ma continua a circolare dando origine a un limitato numero di casi”.

La variante Omicron “potrebbe anche segnare la fine della paura pandemica” dice all’Adnkronos Salute Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv). Potrebbe essere, infatti, l’inizio della fase attesa dalla comunità scientifica di tutto il mondo: una relazione pacifica tra uomo e Coronavirus. Perché “se la nuova variante si confermasse davvero più trasmissibile, ma meno aggressiva, potrebbe essere l’adattamento di Sars-CoV-2 che aspettavamo”. Ma lo scenario appare realistico a chi conosce “la storia di tutte le infezioni virali, specialmente di quelle respiratorie. Esplodono in modo eclatante, poi pian piano l’ospite reagisce, il virus si adegua e scatta una sorta di convivenza tra i due”.

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Conviene a noi e “conviene al virus – sottolinea l’esperto, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili – Ammesso che abbia un’intelligenza, al virus conviene infatti non eliminare l’ospite comportandosi in maniera aggressiva, ma più conviverci”, diventare più bravo a infettarlo e sfruttarne l’organismo per moltiplicarsi e continuare a circolare. “Più dà pochi sintomi o addirittura nessun sintomo – puntualizza Caruso – più un virus ha la possibilità di trasmettersi, di continuare la sua corsa e di prevalere nella sua forma più contagiosa, più veloce ma più mite, su tutte le altre varianti”.

Il ruolo dei vaccini

Secondo Abrignani, è appropriato parlare di “miracolo” compiuto grazie ai vaccini: “Dieci mesi fa eravamo alle prese con coprifuoco e locali chiusi. Oggi con l’85% della popolazione vaccinata abbiamo praticamente ripreso in pieno la vita normale. Per i cittadini con green pass rafforzato non esistono luoghi preclusi”. Quanto all’ipotesi di una quarta dose, “a maggior parte dei vaccini contro altre malattie infettive – evidenzia l’immunologo – richiede tre dosi per innescare una protezione valida negli anni. È la schedula classica. Abbiamo visto il governo israeliano somministrare la quarta dose a due mesi dall’ultima. Non è servita a nulla sul piano del rafforzamento dell’immunità. Ecco perché la validità del green pass è stata prorogata senza scadenza. Anche se più avanti dovessimo avere l’evidenza di un nuovo calo di protezione nei vaccinati tre volte, penso sia improbabile insistere con lo stesso vaccino.
Avrebbe poco senso”.

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Pochi bambini immunizzati

Infine una riflessione sulla “fiacca” adesione al vaccino da parte dei bambini di età compresa tra 5 e 11 anni: “La speranza è che, con le nuove norme sulla scuola, le famiglie si sentano incentivate. I bambini immunizzati non andranno in didattica a distanza, una specie di premio per loro stessi e per i genitori”.

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