A Palermo per supportare il candidato sindaco Franco Miceli e anche per partecipare alla commemorazione del 40esimo anno dell’uccisione di Pio La Torre. Il segretario del PD Enrico Letta, ieri a Palermo, ha tenuto una conferenza stampa in cui ha parlato di amministrative e regionali, due round fondamentali per il PD nell’isola.

“Se avessimo dovuto seguire quello che accadeva nel centrodestra, avremmo dovuto mettere in campo 5, 6, 10 candidature – dice Letta – io sono molto contento del candidato che abbiamo trovato e che ci porterà ad essere competitivi e a giocare per vincere a Palermo e a Messina”.

Poi sulle regionali: “Siamo aperti ad altre forze perché vogliamo una coalizione larga e con un forte attaccamento civico, basato su ciò che serve per la Regione. Le elezioni capitano casualmente qualche mese prime delle Politiche, ma noi prepareremo la campagna per le regionali con la testa solo alla Sicilia che ha bisogno di voltare pagina. Il governo Musumeci fa schifo: non lo diciamo solo noi ma anche metà della giunta di centrodestra.

La nostra credibilità di porci come alternativa in questo momento è fortissima”. Dito puntato sul centrodestra: “Sono ammaliato da questa capacità del centrodestra di parlare di unità quando, a livello nazionale, sono sia al governo che all’opposizione – sottolinea Letta – sono affascinato dalla loro capacità di fare questo gioco di prestigio e uscirne indenni. Non ho mai visto, in nessun Paese, una coalizione che si organizzi con forze che stanno al governo e all’opposizione”.

Letta riceve una sonora lezione da Musumeci

Pronta la replica di Nello Musumeci: «Letta pensa di trovare un titolo per le agenzie attaccando il mio governo. Qualcuno gli dovrebbe ricordare che in questo momento il suo esecutivo siciliano, quello a guida Pd cacciato dagli elettori nel 2017, è alla sbarra perché ritenuto espressione di una associazione a delinquere. Taccia, dunque. Quando, a giugno, gli amministratori di sinistra saranno spazzati via anche da Palermo, Letta si pentirà di aver usato toni indegni per un presunto leader moderato».

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