È stato presentato, nei giorni scorsi ad Augusta, dopo la tappa a Siracusa, il libro del giornalista Fabio Lo Verso dal titolo “Il mare colore veleno”. Era presente, in entrambi gli appuntamenti, l’autore. Si tratta, come spiega il Comitato Stop Veleni, di un reportage ad Augusta e Siracusa, con riferimento a Priolo Gargallo e Melilli, in cui l’autore “fa luce sui tossici risvolti dell’inquinamento industriale e dà voce alle persone che ne subiscono le conseguenze, a madri e mogli di vittime del cancro, a pescatori e operai, e a noi ambientalisti”. “Il mare colore veleno è un appassionante ed avvincente reportage dai quattro comuni dello sciagurato quadrilatero: dalla città di Augusta al borgo di Melilli, da quello di Priolo Gargallo al capoluogo Siracusa. L’autore, Fabio Lo Verso racconta le testimonianze di attivisti, ex operai, sindaci, politici, procuratori, esponenti della comunità scientifica e difensori dell’industria, ma anche gente comune, famiglie colpite da gravissimi lutti, lacerati da dolore, rabbia, paura e rassegnazione.Il mare colore veleno si presenta come un libro denuncia che fa luce sui retroscena e allo stesso tempo i risvolti, ma anche le possibili soluzioni di una vicenda estremamente drammatica di cui si è parlato poco, forse consapevolmente e volutamente e che rischia di inghiottire un territorio e il tessuto sociale di cui è composto“. Lo Verso riesce a far luce su un disastro ambientale nel tratto della costa siciliana tra Augusta e Siracusa, che fino a qualche decina di anni fa era uno dei luoghi più belli ed incontaminati della regione. Qui ha sede il polo petrolchimico più grande d’Italia e il secondo in Europa, responsabile di circa il 37% del Pil siciliano. Il mare colore veleno: tra inettitudine e consapevolezza Donne, mamme, mogli, figli, ma anche attivisti, sono i protagonisti de Il mare colore veleno; ovviamente non mancano i cosiddetti difensori delle industrie che negano ogni evidenza scientifica.Il mare colore veleno è un libro molto interessante, che si legge con attenzione, in modo coinvolgente; la scrittura, fluida e diretta, “solletica” la coscienza del lettore, dando vita ad una serie di interrogativi di notevole importanza. Probabilmente si tratta di domande che tutti inconsciamente si pongono, ma di cui nessuno (o quasi) parla. Uno straordinario viaggio-inchiesta tra Augusta e Siracusa, lungo la costa più inquinata della Sicilia, dove la popolazione convive da mezzo secolo con i veleni di un gigantesco polo petrolchimico. La ricostruzione delle terribili vicende che hanno interessato e che continuano a destabilizzare dal punto di vista ambientale, alcuni territori, è cosciente e volutamente ricca di dettagli.Il cosiddetto “ricatto economico”, che attanaglia gli abitanti delle zone incriminate, è uno dei temi che caratterizza il corpus narrativo.Ruoli, opinioni, timori, omertà, si susseguono in una continua presa di coscienza, che inevitabilmente condizionano chi quotidianamente li vive. Uno scontro continuo tra chi può fare qualcosa e chi invece è lì immobile, in quello che si potrebbe definire uno stato di inettitudine. Questa industrializzazione selvaggia ha avuto prezzi altissimi ‘non esiste una famiglia in cui non si conti almeno un morto per tumore’ [pag. 35], purtroppo come in altre zone d’Italia la contro argomentazione è che l’alternativa ai tumori è la povertà. Nonostante questo ricatto la società civile non è stata immobile, sono tante le figure citate dall’Autore, che si sono battute e si battono contro questo continuo disastro ambientale, dal parroco Palmiro Prisutto (che ha trovato ostacoli anche dentro la Curia) all’ex sindaca del M5S, Cettina di Pietro. Purtroppo spesso le battaglie a difesa dell’ambiente si scontrano contro poteri troppo forti e la sensazione è quella dell’impotenza, con ritardi e limiti che hanno toccato anche l’operato della magistratura. Questa lentezza dell’agire si scontra con la drammaticità della situazione attuale, sarebbero molti i dati da citare ma ne basta uno per dare con chiarezza l’immagine della realtà ad Augusta, Priolo e Melilli ‘si registra il 20% di tumori in più rispetto alla media della provincia’ [pag. 54]. Le statistiche sono sempre interpretabili, basta pensare a quello che viene detto a Taranto ma oltre ai tanti numeri bisogna leggere quello che racconta l’autore alla fine del libro, quando dà voce ad una mamma che racconta la morte della figlia, Irene, uccisa da un tumore. Questa donna che si definisce una ‘mamma amputata’ ci fa toccare con mano la realtà raccontata nel libro. L’autore Fabio Lo Verso, nella presentazione del suo libro, ha sottolineato che “In questi trenta chilometri di territorio dove fabbriche, cisterne e ciminiere si estendono a macchia d’olio sfigurando il paesaggio, ormai da mezzo secolo si consuma un disastro ambientale di proporzioni incalcolabili. Veleni industriali di ogni tipo – mercurio, piombo, idrocarburi, arsenico, benzene, biossido di zolfo e diossine – hanno contaminato il mare, la terra, l’aria e le falde acquifere, e sono entrati nelle case per mietere vittime, tra caduti sul lavoro, morti per tumore e malformazioni congenite nei neonati“.“Una tragedia colossale e silenziosa che – aggiunge Lo Verso – assume le tinte dell’assurdo, allorché si scontra con l’immobilismo e la corruttela delle istituzioni, con bonifiche abortite e indagini insabbiate e con il cosiddetto “ricatto occupazionale”, che porta taluni ad affermare che sia «meglio morire di cancro che di fame». “Perché l’uomo non agisce per fermare questo scempio? – si chiede, infine, l’autore de Il mare colore veleno. Proprio grazie alla scrittura – inchiesta, Lo Verso prova a risvegliare le coscienze e magari anche l’opinione pubblica con una narrazione cruenta lungo la costa più inquinata della Sicilia, ma anche un reportage narrativo dolente di un vero e proprio disastro ambientale, tra i più antichi ed ignorati. Navigazione articoli Comune di Avola: primo nido di tartaruga marina della stagione L’ambientalista siracusano Sebastian Colnaghi a Molfetta, ospite dell’evento di “Turtle Island“