Santo Massimo Gallo                         Michele D’Avola                          Fabrizio Iachininoto

 

 

Nella mattinata odierna, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, il R.O.N.I. del Comando Provinciale Carabinieri di Siracusa ha dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa in data 24.08.2017 dal G.I.P. del Tribunale di Catania, nei confronti di due persone ritenute responsabili dell’omicidio in danno di  Santo Massimo Gallo, avvenuto a Lentini il 23 marzo del 2002.

La vicenda delittuosa, rientra nella cosiddetta “faida di Francofonte”, spietata guerra di mafia avvenuta tra il 2000 e il 2002 in una porzione di territorio a cavallo delle province di Catania e Siracusa, che vedeva contrapposti, all’epoca dei fatti, il clan Nardo di Lentini e il clan Campailla di Scordia.

Le indagini, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania, hanno consentito di appurare che l’omicidio di Santo Massimo Gallo si inserisce in quella vasta strategia di controllo mafioso del territorio esercitata dal clan Nardo che, attraverso un cospicuo numero di aderenti e la perpetrazione di eclatanti azioni delittuose, ha dimostrato nel tempo di essere in grado di intimidire ed eliminare chiunque si fosse opposto alla realizzazione dei propri propositi criminosi.

La vicenda ha inizio il 23marzo del 2002, quando Angelo Gallo denunciava, presso la Stazione Carabinieri di Francofonte, la scomparsa del figlio Santo Massimo, fratello di Vincenzo, in quel periodo latitante e ritenuto uno tra gli appartenenti al commando armato che il 10 luglio del 2001 tese un agguato mortale ai danni del francofontese  Antonino Mallia, affiliato al clan Nardo di Lentini che si contrapponeva a un gruppo emergente di Scordia capeggiato da Biagio Campailla.

Sulla scorta delle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, che hanno corroborato ulteriori elementi investigativi già emersi nel corso delle indagini svolte dai Carabinieri del Nucleo Investigativo sul medesimo contesto territoriale, è stato possibile ricostruire la vicenda così come segue:

  • il 22 marzo 2002, intorno alle ore 18:45, Santo Massimo Gallo, come sua consuetudine, usciva di casa, recandosi a piedi in luoghi da lui solitamente frequentati, per poi non fare più rientro presso la propria abitazione, dove viveva assieme ai familiari;
  • l’uomo era stato, in effetti, sequestrato, torturato ed ucciso dagli esponenti del Clan Nardo, con lo scopo di ottenere dalla vittima informazioni circa i luoghi di latitanza del fratello Vincenzo, in quanto quest’ultimo ritenuto il responsabile di un omicidio di un esponente proprio del predetto clan.
  • il giorno precedente alla scomparsa del giovane la polizia giudiziaria, nell’ambito di una più complessa attività investigativa, documentava atteggiamenti sospetti e incontri di presunti appartenenti al clan Nardo, dall’analisi dei quali poteva desumersi che la compagine di personaggi facenti riferimento all’affiliato di spicco Alfio Sambasile, stava programmando un incontro finalizzato a pianificare delle attività delittuose, condotta che, sulla base degli elementi acquisiti anche grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, troverà la sua logica interpretazione proprio nella scomparsa ed uccisione di Santo Massimo Gallo.

L’insieme dei dati acquisiti nel corso delle indagini contemporanee alla scomparsa della vittima, unitamente alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ha consentito così di far luce sull’efferato delitto, sin dall’inizio inquadrato come un tipico caso di “lupara bianca”, visto che il cadavere dello scomparso non è stato mai rinvenuto.

I destinatari del provvedimento cautelare sono:  Michele D’Avola di anni 44, francofontese ed attualmente in carcere ad Avola, in regime di 41 bis e Fabrizio Iachininoto, lentinese, di 47 anni, in stato di libertà.

 

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