Sono spesso insospettabili. La povertà è un’epidemia che si allarga a macchia d’olio nell’Italia del 2023 e nell’anno della grande inflazione. E a chiedere aiuto sono ora anche piccoli commercianti o artigiani che non sono riusciti a portare avanti le loro imprese o tante persone che lavorano nel sommerso e che non godono di nessuna forma di sussidio o aiuto pubblico. Ma anche lavoratori a tempo determinato e perfino piccoli imprenditori, sorpresi dal caro bollette o dagli effetti del cambiamento climatico che ha sconvolto le aziende agricole, come quelle della Romagna. L’esercito dei nuovi poveri è assai variegato e non corrisponde più ai canoni che precedono la crisi finanziaria e quella pandemica. A fornirci uno specchio ancora più variegato c’è ora il rapporto di Coldiretti, intitolato ”Poveri, il lato nascosto dell’Italia”. E i dati non sono certo incoraggianti, così come rileva la fonte Today.it. 3,1 milioni gli italiani che non riescono a portare il cibo sulla tavola Sono oltre 3,1 milioni gli italiani che fanno quotidianamente ricorso alle mense per i poveri e i pacchi alimentari per tirare avanti. Nell’anno dell’inflazione più grande degli ultimi 40 anni sono stati distribuiti circa 92 mila tonnellate di cibo. Una dinamica figlia dell’aumento della povertà che, da anni, in Italia non finisce di crescere. Se nel 2005 le famiglie in povertà assoluta nel nostro Paese erano appena il 3,6% del totale, nel 2021 dopo la pandemia e la grande crisi finanziaria i nuclei famigliari indigenti ammontavano al 7.5%. Una dinamica inquietante soprattutto al Sud Italia dove le famiglie in povertà assoluta raggiungevano nel 2021 il 10% del totale. Numeri che, dopo la grande inflazione di questi ultimi due anni, sono probabilmente destinati a peggiorare. Sì, perché il rialzo dei prezzi ha colpito nel tempo soprattutto i generi alimentari e si è abbattuto molto più sugli strati popolari che sui cosiddetti ceti abbienti. Solo ad aprile 2023 il prezzo dei prodotti alimentari era dato al + 12,5%, rispetto all’anno precedente. Minori, migranti e anziani: chi è più a rischio E ad essere più a rischio sono soprattutto i minori: circa 630 mila bambini sotto i 15 anni, stima Coldiretti a bisogno di assistenza per nutrirsi. Numeri impressionanti, ma che non stupiscono fino in fondo se si guarda alle statistiche che relegano il nostro Paese come uno dei peggiori a livello europeo per il rischio di povertà minorile. Secondo le stime più recenti di Eurostat in Italia il 31% dei minori è a rischio povertà ed esclusione sociale, un triste primato che condividiamo solo con la Spagna e che ci allontana decisamente dagli altri paesi europei. Ma sono anche gli anziani a soffrire di privazioni causate dalla povertà: sono circa 365mila gli anziani sopra i 65 anni che sono dovuti ricorrere a forme di sostegno alimentare. A essi si sommano circa 2,1 milioni di persone comprese fra i 16 e i 64 anni. Uno su cinque di chi chiede aiuto per mangiare è un migrante (il 23%) sottoloinea Coldiretti, ma ci sono anche 90 mila senza dimora e circa 34mila disabili che non riescono a tirare avanti malgrado il welfare statale. Nel 2022 – spiega il report di Coldiretti – hanno poi ricevuto assistenza per mangiare anche 48mila ucraini proprio nell’anno in cui il Paese è stato invaso e devastato dall’esercito russo. Un fenomeno in crescita Ma il numero più evidente e drammatico del rapporto è costituito dalla crescita esponenziale della povertà alimentare. Negli ultimi tre anni le persone che hanno chiesto aiuto per mangiare, secondo la Coldiretti, è salito di più di un milione di persone. Anche in questo caso le differenze tra Nord e Sud sono rilevanti: il 64% delle persone che non riesce a portare il cibo in tavola si trova al Sud contro il 22% del Nord e meno del 20% nelle aree del centro. ”Oltre 2 milioni di persone – osserva Coldiretti – hanno ricevuto sostegni alimentari in modo continuativo, il resto si è rivolto ai programmi e alle strutture di assistenza solo in modo saltuario come ultima spiaggia e soluzione per momenti di estremo bisogno”. Ma cosa richiedono i nuovi poveri alimentari? In prevalenza prodotto a lunga conservazione UHT (23%), pasta (9%), salsa di pomodoro (8%), legumi (5%), succhi di frutta e zucchero (5%) a caffè e biscotti (4%), senza dimenticare carne e tonno in scatola (3%), farina, marmellate, formaggio, fette biscottate (2%). Sembra una lista da economia di guerra: è l’emergenza nel 2023 di un paese che rimane ancora una potenza industriale mondiale. Navigazione articoli Iniziativa del Ministero della Giustizia: in carcere i detenuti giocheranno a calcio coi loro figli Reddito di cittadinanza, dal 1º luglio stop all’assegno: cosa succede a chi lo perde