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I giudici della seconda sezione civile del Tribunale di Siracusa, hanno condannato l’ex sindaco di Pachino, Roberto Bruno del Partito democratico, a non candidabilità per i prossimi 10 anni. Stessa sentenza è stata emessa anche per gli ex consiglieri comunali Massimo Spataro e Massimo Agricola, questi ultimi ritenuti dai giudici ‘teste di ponte’ del clan mafioso Giuliano. Sono stati invece assolti gli ex consiglieri, Corrado Quartarone e Corrado Nastasi. Il procedimento era stato avviato dopo la denuncia del Ministero dell’Interno attraverso l’ufficio territoriale del governo (Prefettura) che aveva sciolto il Comune di Pachino per infiltrazioni mafiose.
I giudici Ornella D’Orazi, Vincenzo Cefalo e Alessandro Rizzo (presidente) nella sentenza hanno scritto che ” Salvatore Spataro, Massimo Agricola e Roberto Bruno non candidabili alle elezioni per la Camera dei Deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo, nonché alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi allo scioglimento del Comune di Pachino”. Il tribunale ha rigettato la richiesta formulata dal Ministero dell’Interno nei confronti di Corrado Nastasi e Corrado Quartarone.
I due ex consiglieri comunali Salvatore Spataro, Massimo Agricola e l’ex sindaco Roberto Bruno, in solido tra di loro, sono stati inoltre condannati al rimborso, in favore del Ministero dell’Interno, delle spese di lite che si liquidano in 5.355,00 euro .per compenso, oltre rimborso forfetario, I.V.A. e C.P.A.

COSA VIENE CONTESTATO ALL’EX SINDACO ROBERTO BRUNO

Si contesta al Bruno una serie di atti di omessa vigilanza ed intervento in svariati episodi che testimoniano, secondo la prospettazione della Prefettura, un elevato grado di condizionamento e compromissione dell’attività amministrativa del comune.
Tale è il caso della gestione, da parte di Benedetto Cannata (pregiudicato per reati di stampo mafioso e collegato al clan Trigila, operante nel limitrofo territorio di Noto), dell’attività abusiva di gestione di parcheggi presso la frazione ad alta vocazione turistica di Marzamemi in un terreno che ricade in area di interesse comunitario (ceduto al Cannata in comodato a seguito di minacce poste in essere anche con l’intervento di Salvatore Giuliano e di suoi sodali), nonché in un altro terreno di proprietà comunale, del quale il Cannata è conduttore.
Nella relazione si contesta al sindaco di non essere mai intervenuto presso gli organi della polizia municipale onde far cessare l’esercizio abusivo della menzionata attività, né di aver mai avviato alcuna iniziativa volta a risolvere il contratto avente ad oggetto il secondo dei due fondi citati, nonostante fosse nel tempo intervenuta a carico del conduttore una condanna irrevocabile per reati di mafia, con conseguente carcerazione. Solo all’esito dell’indagine svolta dalla commissione di indagine insediatasi nell’aprile del 2018 è stata avviata un’ispezione del terreno in questione, la quale ha accertato che il fondo era stato abusivamente subaffittato a terzi e che era stata altresì realizzata una trivella in carenza di qualsiasi autorizzazione di legge. Una volta deferiti all’autorità giudiziaria gli autori di detti abusi, il sindaco ha istruito i competenti uffici comunali affinché procedessero alla risoluzione della locazione, avvenuta nel settembre del 2018, a ridosso della conclusione dei lavori della commissione.
Le indagini svolte nell’ambito della già menzionata operazione “Araba Fenice” hanno effettivamente accertato l’interessamento del clan Giuliano alle attività di gestione di parcheggi ed ai conseguenti introiti ricavabili: Salvatore Giuliano, infatti, proprio al fine di aumentare tali guadagni, aveva pressantemente sollecitato gli organi di polizia municipale a sanzionare gli automobilisti in divieto di sosta, sì da incrementare il transito e parcheggio di veicoli presso le aree dallo stesso indirettamente gestite.
Nella relazione prefettizia si contesta al sindaco l’omessa vigilanza in merito alla sottrazione, da parte di Nicola Campo (già comandante della locale polizia municipale) della somma di € 122.930,72 dai proventi delle contravvenzioni. Nel settembre del 2018 il Campo è stato rinviato a giudizio per peculato unitamente ad altri due agenti del corpo. Al Campo è stato altresì contestato il versamento di un contributo finanziario in favore della già citata La Fenice s.r.l., società riconducibile al clan Giuliano.
Altro episodio di omessa vigilanza ed intervento segnalato nella relazione a carico del Bruno è quello relativo all’edificazione abusiva, da parte della famiglia Giuliano, di una villa in contrada Carrubbella su di un terreno acquistato a prezzo irrisorio da terzi, in posizione a ridosso di una strada di transito molto frequentata. In merito a tale vicenda gli organi comunali sono intervenuti solamente a seguito di apposita sollecitazione formulata dalla commissione di indagine.
Ulteriore servizio fortemente esposto al condizionamento della criminalità organizzata è quello relativo all’assegnazione dei buoni-lavoro ai sensi della l. 9 aprile 2009, n. 33. Dall’istruttoria effettuata dalla commissione di indagine è emerso che circa il 60% dei beneficiari ha precedenti giudiziari o pendenze anche particolarmente gravi, e che più del 50% del budget messo a disposizione dal Comune per tale servizio è stato utilizzato a beneficio di tali soggetti.
La commissione di indagine ha altresì riscontrato il reiterato affidamento del servizio di raccolta e conferimento dei rifiuti solidi urbani in regime di proroga mediante ordinanze sindacali: solo dopo molteplici proroghe si è proceduto alla pubblicazione del bando di gara ed alla conseguente aggiudicazione.
Anche le attività di erogazione del servizio idrico presso la frazione di Granelli (località balneare molto frequentata nei mesi estivi) appaiono connotate da irregolarità amministrative, tant’è che la commissione di indagine ha accertato che il servizio pubblico di fornitura di acqua potabile era erogato da una società privata che aveva realizzato il pozzo e relativo acquedotto, poi requisiti dal Comune su sollecitazione della stessa commissione.
Infine, è contestata al sindaco l’omessa vigilanza ed attivazione in molteplici episodi di abusiva occupazione di immobili comunali da parte di soggetti spesso riconducibili alla criminalità organizzata; di sistematica morosità di quasi tutti i conduttori di detti beni; di morosità anche per quanto concerne il versamento dei tributi comunali – situazione che ha contribuito a deteriorare gravemente la situazione economica e finanziaria in cui versa l’ente.
Oltre all’eccezione preliminare di rito già esaminata, Roberto Bruno ha contestato la sussistenza di elementi dai quali potersi evincere collegamenti con la criminalità organizzata, proclamandosi estraneo a qualsiasi fenomeno di infiltrazione mafiosa che possa aver condizionato l’attività dell’ente da questi amministrato.
Anche in tale caso, tuttavia, la genericità delle difese svolte dal resistente non è idonea a scalfire il quadro probatorio emerso e porta a ritenere sussistenti concreti, univoci e rilevanti elementi concernenti: a) collegamenti tra il sindaco e la consorteria mafiosa facente capo a Salvatore Giuliano, operante nel territorio pachinese; b) forme di condizionamento dell’attività del Bruno, tale da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione comunale, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad essa affidati.
E’ in primo luogo incontestato il carattere decisivo, ai fini della sopravvivenza della maggioranza consiliare a sostegno della giunta Bruno, del supporto politico offerto dai consiglieri Spataro (per il quale pende tuttora, tra le altre, un’imputazione per affiliazione al clan Giuliano) ed Agricola (per il quale pende un’imputazione per concussione in concorso), anche in occasione dell’adozione di delibere significative per l’attività del Comune come l’adesione al piano di riequilibrio finanziario e relativa approvazione, l’approvazione del bilancio di previsione per il 2017 e per il triennio 2017- 2019, l’approvazione del piano di dismissione di immobili comunali, l’approvazione del rendiconto di gestione per il 2016.
Di tali soggetti, delle loro pendenze penali (anche per reati particolarmente gravi) e della loro contingenza rispetto alle attività del clan Giuliano nel territorio pachinese il collegio ha già trattato nei precedenti capi del presente decreto: ebbene, appare alquanto singolare che il Bruno si sia avvalso del sostegno politico di tali consiglieri, uno dei quali – lo Spataro, per quanto sopra detto – si era addirittura premurato di manifestare pubblico sostegno, anche con minacce ed offese, in favore del leader della cosca mafiosa che da tempo opera sulla piazza di Pachino.
Particolarmente grave è poi il quadro indiziario a carico del Bruno per quanto concerne la lunga serie di omissioni in relazione a molteplici episodi di conclamata irregolarità nell’attività amministrativa, per come accertati dalla commissione di indagine all’esito dell’istruttoria condotta nel 2018, specie ove si consideri che il sindaco, ai sensi della normativa vigente, riveste pur sempre un ruolo di responsabilità, rappresentanza, gestione, controllo e vigilanza sulle attività del Comune, dovendone indirizzare l’azione a criteri di buon andamento, funzionalità, economicità, trasparenza, legalità e correttezza: a tal fine, infatti, deve il sindaco individuare obiettivi e programmi onde consentire il raggiungimento di detti scopi, cui deve sempre tendere l’azione della sfera dirigenziale amministrativa.
Nell’espletamento del proprio mandato il Bruno ha tenuto un atteggiamento di marcata debolezza dal quale non è mai emersa un’effettiva e risoluta intenzione di contrastare la progressiva compromissione del buon andamento dell’attività amministrativa del Comune di Pachino, chiaramente ascrivibile anche a forme di condizionamento discendenti dalle attività di svariati soggetti a vario titolo riconducibili all’ambiente criminale mafioso.
Anzi, a fronte di risalenti, molteplici situazioni di conclamata illegittimità (come nel caso delle attività abusive di gestione di parcheggi in Marzamemi, dei rilevanti ammanchi di cassa presso il corpo di polizia municipale, degli abusi edilizi commessi dal clan Giuliano, delle disfunzioni nell’erogazione di sussidi comunali, del servizio di raccolta e conferimento di rifiuti, del servizio idrico, della gestione del patrimonio immobiliare e della riscossione dei tributi comunali), non solo il Bruno non ha negli anni posto in essere concrete iniziative volte ad ottenere un’effettiva e sostanziale eliminazione di tali situazioni in tempi ragionevoli, ma ha anche agito episodicamente e tardivamente solo previo sollecito della commissione di indagine prefettizia frattanto insediatasi, la quale, nel corso di un’istruttoria durata pochi mesi, ha riscontrato tali irregolarità.

LE RESPONSABILITA’ DEI DUE EX CONSIGLIERI

Nella relazione viene sottolineato come lo Spataro sia legato da tempo al boss Giuliano, al quale ha fatto da autista, rivestendo poi l’incarico di amministratore dell’azienda agricola La Fenice s.r.l. Dalle risultanze del procedimento penale n. 8539/2015 (operazione “Araba Fenice”) – nell’ambito del quale è stata emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Catania in data 23 luglio 2018, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, un’ordinanza di custodia cautelare a carico di Salvatore Giuliano e di altre diciannove persone, sempre in relazione all’imputazione di cui all’art. 416bis, co. I, III, IV e VI c.p. – è emerso come le quote di La Fenice s.r.l. fossero intestate a Gabriele Giuliano (figlio di Salvatore Giuliano) ed a Simone Vizzini (figlio del pregiudicato Giuseppe Vizzini) e che tale società avesse rivestito un ruolo preminente nell’economia locale, raggiungendo gli oltre due milioni di euro di fatturato. All’esito della suddetta indagine il Giudice delle Indagini Preliminari ha disposto anche il sequestro preventivo delle quote sociali e dell’intero patrimonio aziendale.
Le attività di intercettazione effettuate nell’ambito delle operazioni “Maschere Nude” e “Maschere Nude due” hanno evidenziato come Salvatore Giuliano, negli ultimi mesi precedenti alla sua scarcerazione, avesse pianificato di intervenire presso l’amministrazione comunale per il tramite dello Spataro e dell’Agricola, al fine di ottenere la collocazione professionale di alcuni soggetti (tra cui alcuni parenti del Giuliano), di agevolare il pagamento di fatture mediante atti corruttivi, di lucrare sull’affidamento di appalti da parte del Comune e di ottenere indebiti contributi comunali in favore della menzionata La Fenice s.r.l.
Lo Spataro ha altresì ricoperto l’incarico di amministratore di Trinacria s.r.l., costituita nel 2014 da Pietro Spataro (figlio convivente di Salvatore Spataro) e da Denise Giuliano (figlia di Salvatore Giuliano). Tale società è stata raggiunta da un’informazione interdittiva antimafia da parte della Prefettura di Siracusa in data 31 ottobre 2018.
Nella relazione prefettizia si puntualizza come il figlio dello Spataro sia intestatario del bar “Scacco Matto”, sito presso il mercato ortofrutticolo di Pachino e teatro di una sparatoria in data 12 febbraio 2018. Il bar, noto ritrovo di pregiudicati, si trova in un immobile di proprietà comunale e fu a suo tempo concesso in godimento, senza alcuna procedura ad evidenza pubblica, a tale Giovanna Messina, la quale poi affittò l’attività a Pietro Spataro per un canone irrisorio. La licenza di esercizio dell’attività commerciale è stata dapprima sospesa con provvedimento della Questura di Siracusa e successivamente revocata a seguito di informazione interdittiva antimafia della Prefettura di Siracusa del 3 ottobre 2018. L’unità immobiliare in discussione è stata l’unica, nell’ambito del mercato ortofrutticolo, ad essere esclusa – senza alcuna evidente motivazione – dal piano di dismissione immobiliari predisposto dal Comune in occasione della procedura di adozione del piano di riequilibrio finanziario. Lo Spataro e l’Agricola, in qualità di consiglieri comunali, hanno votato favorevolmente all’adesione al suddetto piano di riequilibrio (il primo), oltre che al piano di dismissione degli immobili comunali (entrambi) ed al piano di riequilibrio (il secondo).
Oltre alle eccezioni preliminari di rito già esaminate, Salvatore Spataro e Massimo Agricola hanno svolto difese tese a contestare la sussistenza di elementi dai quali potersi evincere che gli stessi abbiano causato, con la propria condotta, lo scioglimento del Consiglio comunale. I resistenti, in particolare, hanno confermato di aver dato voto favorevole al piano di dismissione degli immobili comunali, al bilancio di previsione del 2017 e del triennio 2017-2019, al pari di altri consiglieri. Ebbene, la genericità di tali difese, oltre che la non contestazione dei dettagliati addebiti contenuti nella relazione e poc’anzi sinteticamente illustrati, porta a ritenere sussistenti concreti, univoci e rilevanti elementi concernenti: a) collegamenti tra i consiglieri comunali Spataro, Agricola e la consorteria mafiosa facente capo a Salvatore Giuliano, operante nel territorio pachinese; b) forme di condizionamento di detti consiglieri, tale da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione comunale, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad essa affidati.

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