490 milioni di euro per rifare il look alle stazioni ferroviarie e marittime di Messina, Villa San Giovanni e Reggio Calabria e comprare nuovi Frecciarossa che torneranno a sbarcare in Sicilia, riqualificare l’attraversamento dello Stretto insomma. Quasi mezzo miliardo di fondi pubblici, in parte in mano all’Autorità portuale e in parte ad Rfi, che dovrebbero attrarre almeno altri 60 milioni di euro di investimenti pubblici, per lo più destinati al progetto, ancora tutto da immaginare, di un mega deposito di Gnl – per rifornire navi e sviluppare i distributori di terra per i mezzi pesanti. Il tutto da realizzare entro il 2026. E’ il pacchetto progettuale sfornato dall’Autority, da Rfi e dal Ministero, servito a veicolare in riva allo Stretto il mezzo miliardo di euro del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. Un pacchetto bollinato 5Stelle, secondo i grillini, che ieri hanno presentato “il pacco” proprio per rivendicare la propria bandierina, insieme al presidente dell’Autority di Messina Mario Mega. “Parliamoci chiaro, se siamo qui oggi e non a Gioia Tauro, se c’è ancora un’autorità portuale a Messina, è perché c’è stato il Movimento 5Stelle che si è battuto per questo“, dice il deputato nazionale Francesco D’Uva, spalleggiato dalla deputata regionale Valentina Zafarana. Al sottosegretario alle infrastrutture e ai lavori pubblici Giancarlo Cancelleri, invece, il compito di presentare i progetti. Rilevante è il ritorno dei Frecciarossa in Sicilia, con 12 nuovi treni ETR che saranno acquistati e si muoveranno sulle direttrici Roma/Venezia/Milano (passando quindi da Roma Tiburtina, secondo l’attuale configurazione). Avranno le stesse caratteristiche dei Frecciarossa mille e, anche se saranno “frenati” dalla mancanza dei binari per l’alta velocità, una volta sbarcati in Sicilia, permetteranno comunque di ottenere tempi di percorrenza più veloci. Come? “Intanto la configurazione con le doppie motrici, lo sgancio rapido in punta e il fatto che sono treni più piccoli permetterà di dimezzare i tempi di imbarco e sbarco: i treni entreranno direttamente nelle navi traghetto e, una volta sbarcati a Messina, prenderanno le due direzioni – Palermo e Siracusa – senza necessità di montare e smontare le carrozze – spiega Cancelleri, che ammette – Non è l’alta velocità, la rete ferroviaria resta quella che è, in Sicilia, ma il fatto che siano treni nuovi consentirà comunque di raggiungere i 200 km orari”. Con una dotazione di 60 milioni di euro, Rfi comprerà 3 nuovi navi per il passaggio veloce dei passeggeri, alimentati Ngl/elettrica. Altri 35 milioni di euro saranno invece a disposizione dei privati per il rinnovo della flotta navale. Rfi avrà poi 20 milioni di euro per implementare la flotta che traghetta i treni. Serviranno per implementare la flotta stessa, con una nuova nave che dovrebbe entrare in esercizio entro il 2025, e ibridizzarle tutte: la Iginia (la cui entrata in servizio è prevista entro fine mese, stando alla tabella del Gruppo di Lavoro ministeriale) che sarà ibridizzata dopo che l’attuale nave, in esercizio dal 2013, sarà ibridizzata del tutto – con 3 milioni di euro di lavori. L’Autority, infine, dovrà farsi bastare 37 milioni di euro per realizzare il terzo scivolo a Tremestieri, riorganizzare gli ormeggi e la stazione marittima di Messina e sistemare il porto di Villa San Giovanni, dove sorgerà un’area unica di banchine per le navi – da rifare – sotto, e camminamenti coperti , a livello superiore, di collegamento tra lo sbarco delle Caronti e quello delle navi veloci. Insomma chi sbarcherà a piedi dai traghetti privati o dalle navi veloci non dovrà più “arrampicarsi” sulla banchina e attraversare a piedi prima la banchina poi la strada, ma utilizzerà tapis roulant e scale mobili sul modello aeroportuale. Il grosso dell’apporto dei privati è richiesto per la parte più spiccatamente “green” del pacchetto progettuale, ovvero la transizione ecologica della mobilità. Il Ministero e l’Autority l’hanno pensata così: 50 milioni di fondi pubblici, gestiti dall’Autority, per elettrificare 2500 metri lineari di banchine tra Messina, Milazzo, Reggio Calabria e Villa San Giovanni e realizzare, con altri 30 milioni di euro da affidare ai privati, un deposito costiero di GNL da 10 mila metri cubi, più un impianto da 50 mila tonnellate annue di Gnl e Bio Gnl, insomma il distributore a terra del carburante. Dove sorgerà? “Presumibilmente tra Messina Sud e Tremestieri – spiega il presidente Mega – Il Gnl è il futuro immediato delle navi merci e di quelle da crociera, che così avrebbero un impianto di rifornimento in sud Italia. Inizialmente sarà rifornito via nave, ma l’obiettivo è che arrivi all’autoalimentazione. Attraverso l’impianto di microliquefazione lo si potrà poi distribuire a terra, per il rifornimento dei mezzi. Sicilia e Sardegna sono le uniche regioni dove non esiste una rete di Gnl, il che non consente ai tir di completare la transizione ecologica. Così, invece, avremmo il primo punto per sviluppare le reti di distribuzione a terra”. Queste le certezze di Mega rispetto all’impianto. Il resto è tutto da immaginare: rifornimento navale con nuovi moli o gasdotti? “Abbiamo una ventina di studi di fattibilità, privati e pubblici, saranno da valutare e ci sarà poi da verificare l’interesse dei privati”, conclude il presidente dell’Autorità Portuale. Come evitare di vanificare i fondi Pnrr e spenderli entro cinque anni? Sembra un’impresa. Ma i grillini sono ottimisti. “Abbiamo superato anche il modello Genova – spiega Cancelleri scartando le ipotesi di supercommissari – abbiamo lavorato ad un pacchetto di norme che consente l’attuazione di questi progetti riconoscendo agli enti attuatori ampi poteri di deroga. Il Tar non potrà più sospendere la gara in presenza di ricorsi, ad esempio: i progetti andranno avanti così come da aggiudicazione e, qualora un’impresa si ritenesse lesa e dimostri di aver ragione, sarà ammessa al risarcimento ma l’opera andrà avanti così come appaltata”. A parte il sigillo politico del Movimento 5Stelle, il pacchetto progetti Pnrr per lo Stretto porta la firma del Gruppo di Lavoro del Ministero delle infrastrutture coordinati dai professor Catalano e Cartenì: gli ingegneri Bazzichelli, Colangeli, D’Anna, Iezzi, Lembo, Nichele e Prischich. Diversi anche gli esterni: il professor Benevolo e l’ingegner Rossi della RAM, il professor Di Gangi e la professoressa Ingratoci di UniME, l’ammiraglio Martello della Capitaneria di Porto. Navigazione articoli Augusta, Davide Faraone (IV): “Nel carcere megarese agenti e detenuti privi dei diritti” Crollo torrione Ponte Umbertino, il Comune scrive alla Soprintendenza