I rifiuti dell’Ilva di Taranto tornano a essere smaltiti in Sicilia, ancora una volta nel bel mezzo del polo petrolchimico siracusano e all’insaputa delle popolazioni locali. Era già successo ad aprile del 2015, quando una partita di circa 9 mila tonnellate di polverino prodotto dagli altiforni dell’acciaieria pugliese, dopo essere giunta in nave al porto di Augusta, fu trasferita alla discarica Cisma di Melilli. “La novità preoccupante, adesso -dice Fabio Morreale di Natura Sicula – è che questo traffico di rifiuti industriali è divenuto regolare e decisamente intenso. Da più di un mese e con cadenza settimanale, infatti, diversi autotreni carichi di polverino s’imbarcano sulla nave in partenza ogni mercoledì mattina dal porto di Taranto. Rispetto all’episodio dello scorso anno, inoltre, è da evidenziare una curiosa variazione nel percorso marittimo: i rifiuti non sbarcano più ad Augusta, ma fanno scalo notturno a Catania; per poi raggiungere via terra, il giorno successivo, la stessa discarica di Melilli. Come associazioni ambientaliste e organizzazioni impegnate sui territori, riteniamo grave questo arbitrario e sistematico trasferimento di rifiuti speciali, da un’area altamente contaminata a un’altra – prosegue Fabio Morreale – che versa nelle medesime disastrose condizioni sanitarie e ambientali. Si tratta, per di più, di un’operazione che è avvenuta, e continua ad avvenire, senza informare né consultare la Regione Siciliana e le comunità locali. Nella totale mancanza di trasparenza istituzionale, quella decisa a tavolino dal ministro Galletti con i commissari dell’Ilva è una soluzione non solo insostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche palesemente antieconomica, se non per le aziende private incaricate di attuarla. Inoltre, la scelta di deviare da Augusta a Catania il passaggio del polverino, oltre a essere meno agevole e più costosa, fa sorgere il legittimo sospetto che ci sia una precisa volontà di tenere questa operazione distante da quei riflettori – pubblici, mediatici e giudiziari – che da diversi mesi, in seguito allo scoppio dell’inchiesta lucana Petrolio, sono puntati sulla rada di Augusta, e sulle società e sui business che le gravitano attorno. In proposito, giova ricordare che alcuni soggetti economici e istituzionali citati nelle carte della procura di Potenza, risultavano direttamente o indirettamente coinvolti proprio nell’ “affare” del polverino Ilva. Un fatto quest’ultimo che avrebbe dovuto consigliare al ministero dell’Ambiente quanto meno una buona dose di cautela, anziché l’ennesimo avallo di un traffico di rifiuti dai contorni poco chiari”. Sono le ragioni per cui gli ambientalisti di Natura Sicula chiedono al ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti il blocco immediato dell’importazione in Sicilia degli scarti industriali dell’Ilva, nell’attesa di ridiscutere e ricercare delle modalità più sostenibili e, soprattutto, più trasparenti per risolvere il problema del corretto smaltimento di questo genere di rifiuti. “Il tutto partendo – dicono -, a nostro avviso, da un coinvolgimento attivo delle comunità locali, dei cittadini tanto quanto degli operai costretti a subire i costi devastanti di un’industria inquinante che continua a divorare l’ambiente e la salute pubblica, giocando al ricatto occupazionale e negando il diritto ad un lavoro sano e sicuro. A Invitiamo il governo Crocetta e le amministrazioni locali a prendere una chiara posizione in merito, mentre facciamo appello alla mobilitazione della cittadinanza, affinché si spinga il governo nazionale a porre fine a questo dannoso e insensato traffico di rifiuti Ilva”. Navigazione articoli Guardia di finanza, in visita al comando la squadra di canoa delle Fiamme Gialle Garozzo, Foti e Castagnino pronti a denunciare “Le Iene”