Un momento della prima riunione della giunta di Renato Schifani a Palazzo d'Orléans, Palermo, 17 novembre 2022. ANSA/ UFFICIO STAMPA REGIONE SICILIANA +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++ (NPK)

Sono dieci i franchi tiratori del centrodestra che hanno votato contro il disegno di legge cosiddetto salva-ineleggibili, proposto da Fratelli d’Italia, bocciato dall’Ars con 34 voti contrari e 30 favorevoli. Dal foglio delle presenze emerge che i deputati di maggioranza presenti in aula al momento della votazione erano 39: contro il testo di legge hanno votato 34 parlamentari, l’opposizione poteva contare su 24 presenti.

Oltre al deputato Pd, Dario Safina assente perché coinvolto nei giorni scorsi in una inchiesta della Procura di Trapani e sottoposto all’obbligo di dimora, non erano presenti Giovanni Burtone (Pd), Carlo Gilistro e Jose Marano del M5s, Davide Vasta di ScN (uscito dall’aula al momento della votazione) e il capogruppo della Dc, Carmelo Pace. A supportare la richiesta di voto segreto sono stati 8 deputati del Pd, due di Sud chiama Nord e il parlamentare di FdI, Giuseppe Catania.

A questo punto c’è chi profila una crisi di governo in Sicilia. Gli assessori di FdI hanno disertato la riunione di giunta convocata dal presidente Renato Schifani per la nomina dei manager della sanità, dopo che 10 franchi tiratori nel pomeriggio avevano votato contro la norma salva-ineleggibili proposta dai meloniani.

Le prime avvisaglie di una frattura dei partiti di maggioranza, in realtà, erano già emerse la scorsa settimana, durante i lavori in prima commissione per via delle le criticità evidenziate nella relazione degli uffici legislativi dell’Ars. ”Pur non escludendo una modifica delle cause di ineleggibilità e incompatibilità dei deputati dell’Assemblea regionale siciliana – sottolineano gli uffici – la norma deve avere un effetto pro futuro, priva di effetti retroattivi in contrasto con i principi espressi dalla Corte costituzionale”.

Al momento del voto in commissione, il testo aveva avuto solo tre parlamentari favorevoli: due di Fdi e uno del Mpa. Si erano astenuti, invece, i componenti in quota Dc e Forza Italia, mentre è stata netta fin da subito la contrarietà dei partiti di opposizione (Pd- M5S-Scn). Le tensioni sono proseguite ieri in aula quando, fallito il tentativo di FdI di invertire i temi all’ordine del giorno – votare prima la “salva ineleggibili” e subito dopo la riforma delle Province – i deputati del partito di Giorgia Meloni hanno abbandonato Sala d’Ercole dopo il ‘no’ di alcuni pezzi della maggioranza. I lavori erano stati sospesi e rinviati al pomeriggio, quando è andato in scena lo stesso copione, nonostante la presenza, durante la discussione generale, del presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, che di mattina aveva persino convocato un vertice per serrare le fila del centrodestra. È stata, però, una Caporetto, con il governo andato sotto e una visibile rottura tra FdI-Mpa da un lato e Dc-FI-Lega dall’altro.

”Adesso a rischiare è la riforma che reintrodurrà l’elezione diretta dei presidenti delle Province, rinviata in commissione per approfondimenti – ha comunicato oggi il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, e che sarà nuovamente incardinata martedì prossimo.

Festeggiano, intanto, le opposizioni: “Questa maggioranza, ormai in frantumi, ha provato per l’ennesima volta a far passare una norma inaccettabile per salvare gli ineleggibili, meno male che ci abbiamo pensato noi dell’opposizione a salvare la dignità del parlamento siciliano. Resta la figuraccia politica del presidente Schifani che non si è fatto vedere durante l’esame della finanziaria a Sala d’Ercole ma si è presentato oggi (ieri, ndr) per assistere alla sua maggioranza che sgretolava sul ddl salva-ineleggibili“. Così Michele Catanzaro (Pd), Cateno De Luca (Sud chiama Nord) e Antonio De Luca (M5s).

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