Che la Sicilia si avvii a grandissimi passi verso ulteriori restrizioni, è sotto gli occhi di tutti. Certo, in buona compagnia, visto che in molte regioni l’epidemia da Covid è in crescita esponenziale, ma i numeri fanno capire come potrebbe non essere esattamente una cattiva idea, prendere provvedimenti, e anche abbastanza in fretta. Quando potrà esserci il passaggio? Continuando così, fine gennaio, 24 o 31, ma anche prima (il 17?), non è del tutto escluso. Il motivo? I dati, se confrontati a quelli di un anno fa, pur con i vaccini di supporto, si stanno (nemmeno più lentamente) ma molto pericolosamente avvicinando a quelli che il 17 gennaio 2021 portarono la Sicilia in zona rossa, la cosa più simile al lockdown di marzo/aprile 2020 attualmente applicabile in Italia. Il che non solo fa pensare, ma dovrebbe anche far agire. La Sicilia, come le altre regioni, sta avendo una crescita esponenziale dei casi. Il presidente Musumeci ha già annunciato la zona arancione. E i dati degli ospedali non sono lontani da gennaio 2021. Il motivo? I dati, se confrontati a quelli di un anno fa, pur con i vaccini di supporto, si stanno (nemmeno più lentamente) ma molto pericolosamente avvicinando a quelli che il 17 gennaio 2021 portarono la Sicilia in zona rossa, la cosa più simile al lockdown di marzo/aprile 2020 attualmente applicabile in Italia. In tutto questo, la settimana scorsa sono stati rilevati 156 comuni sui 391 nell’Isola dove c’era un’incidenza oltre 250 positivi per 100.000 abitanti e che rischiavano restrizioni, e i dati regionali in arrivo fanno prevedere che quelli di questa settimana saranno molto, molto peggiori. Il 17 gennaio 2021, primo giorno ufficiale di Sicilia zona rossa, i morti furono 38, in ospedale c’erano 1649 persone e in terapia intensiva 205. Ieri, 4 gennaio, con positivi che, ormai, sono più che triplicati rispetto a qualsiasi record raggiunto, in ospedale c’erano 1007 persone, 114 in terapia intensiva. Considerando il fatto che mancano poco meno di due settimane, con una crescita al ritmo degli ultimi giorni, arriveremmo non molto lontani da quei numeri, che mandarono praticamente in tilt gli ospedali. Sappiamo tra l’altro che la zona gialla attualmente in vigore è sempre stato inutile per far diminuire i contagi. A desso sono cambiate le regole delle varie zone, è cambiata la malattia (Omicron pare sia meno virulenta), ci sono i vaccini ma alla fine di tutto, gli ospedali si riempiono ugualmente. E se l’80% sono no vax, non fa differenza nella difficoltà di curare i malati di altre patologie o i reparti pieni. Così come non fa differenza che ci sono moltissimi più contagi e in rapporto molti ricoveri: se gli ospedali si ingolfano, questo non conta. “Zona arancione in Sicilia? Dobbiamo augurarci il meglio. Aumenta il numero dei contagi ma diminuisce quello dei morti. Con questa tendenza di contagi la zona arancione sarà inevitabile, ma dobbiamo allungare più possibile la permanenza in zona gialla”, ha detto ieri presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, a margine di una conferenza stampa. L’andamento di nuovi casi in Sicilia, riportati ad oggi al sistema di sorveglianza ISS, tra il 20 e il 29 dicembre rivelano una incidenza di 282.08 casi per 100.000 abitanti a fronte di una media nazionale di 435.63, con un massimo di 353.73 casi per 100.000 abitanti in provincia di Messina. Nel periodo in questione sono stati rilevati 156 comuni con tasso d’incidenza superiore a 250 nuovi casi per 100.000 abitanti, e che rischiano ulteriori restrizioni. Ecco la grafica. Detto questo, l’incidenza cumulativa settimanale, calcolata sulla popolazione residente del Comune, viene definita “condizione necessaria ma non sufficiente”. Sia per la zona rossa che per quella arancione si valuta il provvedimento con un’incidenza negli ultimi 7 giorni maggiore o uguale a 150 casi su 100 mila abitanti.Per la misura “arancione” viene preso in considerazione: l’aumento nel numero di focolai attivi o di nuovi focolai nello stesso Comune, non diversamente contenibili per la eterogenea distribuzione sul territorio; lo sviluppo di focolai in una comunità lavorativa, politica, scolastica, religiosa, militare, nelle situazioni in cui si sia rilevata una significativa attività sociale e molteplici interazioni tra diversi soggetti esterni alla comunità; la presenza di numerosi casi non riconducibili a catene di trasmissione note; la percentuale di persone fragili, con più di 50 anni o meno di 18 anni tra i nuovi casi negli ultimi 7 giorni che sia maggiore o uguale al 20%. Navigazione articoli Siracusa. In arrivo 20 milioni di euro per le periferie della città Volo Milano Catania, i passeggeri partono dopo 20 ore. Cosa fare per i rimborsi