La “Testa apollinea” rinvenuta nel Settecento da Ignazio Paternò Castello principe di Biscari e appartenente al Museo di Castello Ursino, si ricongiunge con il torso acefalo di efebo acquisito nel 1904 da Paolo Orsi e appartenente al Museo Archeologico di Siracusa che porta il suo nome. Sebastiano Tusa ha definito il ricongiungimento delle due parti anatomiche dell’opera un vero e proprio nuovo ritrovamento archeologico.

L’iniziativa è promossa dalla Regione Siciliana, dal Comune di Catania (Assessorato alle Attività e beni culturali) e dalla Fondazione Sicilia, in collaborazione con l’Associazione LapiS.

L’opera è stata presentata per la prima volta a Palermo nella Sala della Cavallerizza di Palazzo Branciforte, sede della Fondazione Sicilia, e nel 2019 esposta nelle sale di Castello Ursino a Catania. L’organizzazione e la produzione della mostra sono di Civita Sicilia. “Abbiamo partecipato con entusiasmo a un’iniziativa culturale così complessa – afferma Renata Sansone, Amministratore Delegato della Società – anche per l’orgoglio di contribuire alla diffusione di nuove acquisizioni scientifiche che contribuiscono a valorizzare lo straordinario patrimonio della Sicilia attraverso esposizioni in siti prestigiosi come Castello Ursino e il Museo Paolo Orsi”.

L’idea di ricongiungere il torso del Kouros di Lentini e la Testa Biscari, lanciata dal critico d’arte Vittorio Sgarbi e dal Sindaco di Catania, si è concretizzata grazie al sostegno della Fondazione Sicilia con l’incarico, nel 2018, a Sebastiano Tusa del coordinamento tecnico-scientifico ed esecutivo che ha mirato a restituire integrità alla statua, risolvendo la querelle che per anni ha impegnato la comunità scientifica in supposizioni e ipotesi sull’effettiva pertinenza dei due reperti a unica scultura di età arcaica. Ha scritto Francesco Cappello, docente di anatomia umana dell’Università di Palermo: “L’analisi morfologica e tattile della conformazione anatomica della regione del collo e delle aree limitrofe è stata indispensabile per determinare la relazione tra le due parti scultoree e per confermare che i due reperti appartengono alla stessa opera”. Una nuova opera si aggiunge così al catalogo della statuaria della Sicilia greca: il Kouros di Leontinoi.

“Partecipando al restauro – afferma l’Avvocato Guido Gianferrara, Segretario Generale di Fondazione Sicilia – promuovendo e organizzando la mostra Il Kouros ritrovato a Palazzo Branciforte e che oggi viene esposta a Siracusa la Fondazione riconferma il proprio ruolo di riferimento per il territorio siciliano nella cura e nella promozione dei beni culturali”.

Determinante presupposto per l’iniziativa di ricongiungimento sono state le indagini petrografiche e geochimiche promosse dall’associazione LapiS (Lapidei Siciliani) già nel 2011 e integrate nel 2019, grazie alle quali è possibile affermare in maniera univoca che testa e collo del giovinetto sono parti della stessa opera scolpita in un blocco di marmo, prelevato nell’isola greca di Paros. Per l’assemblaggio reversibile dei due reperti si è utilizzato il foro già esistente alla base della testa, troncata nettamente nel Settecento, colmando “la brevissima lacuna” con una protesi in materiale plastico ad alta resistenza, appositamente progettata e prototipata.

Il progetto di allestimento della mostra ideato dall’architetto Francesco Mannuccia ed è stato adattato alle esigenze degli spazi espositivi del Museo Paolo Orsi, seguendo le puntuali indicazioni del direttore Calogero Rizzuto, prima della sua scomparsa.

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