Riceviamo e pubblichiamo comunicato di Sebastiano Zappulla, coordinatore provinciale “Sinistra Italiana”: “La scorsa settimana i leader dell’Unione Europea hanno concordato e votato unanimemente l’embargo sul petrolio russo. La decisione, assunta in tarda serata e seguita da dichiarazioni entusiastiche, prevedel’embargo totale per il petrolio trasportato via cargo e una deroga per quello trasferito via terra.La deroga, fortemente voluta dal governo ungherese, permetterà a Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca di continuare a rifornirsi di petrolio russo attraverso l’oleodotto Druzhba. L‘embargo totale, invece,costringerà Il resto dei paesi della comunità europea, tra questi anche l’Italia, a rinunciare al petrolio russoe a recuperare quanto occorre da altre fonti di approvvigionamento.Questa decisione, definita un successo dal presidente Draghi, avrà degli impatti importanti sulla nostraeconomia e in particolare sulla tenuta del nostro comparto petrolifero.Una prima e immediata reazione arriva dalla Sicilia, dalla provincia di Siracusa, l‘area che dal 1956, anno dicostruzione della prima raffineria, la Rasiom della famiglia Moratti, ospita il più grande complesso industriale d’Italia e uno tra più imponenti d’Europa.La Lukoil, preso atto dell’embargo totale al petrolio russo, essendo lo stesso l’unica fonte di approvvigionamento rimasta nelle disponibilità dell’azienda e non potendone più disporre nel prossimofuturo, ha dichiarato la concreta possibilità di dover fermare la raffineria e di dover scaricare sul territorio le inevitabili e drammatiche conseguenze occupazioni ed economiche.Qualche numero per rendere meglio l’idea. Nell’area industriale siracusana si produce il 50% del pil provinciale, risultano occupati 10 mila addetti tradiretto e indotto e si produce circa il 27% dei combustibili consumati in Italia; il settore della raffinazione,inoltre, conta l’1% del Pil regionale.Bastano questi pochi dati per capire che la chiusura del settore della raffinazione nell’area industrialesiracusana rappresenterebbe un dramma economico e occupazionale di proporzioni importanti econdannerebbe un territorio, già in grave sofferenza, al definitivo declino economico e sociale.Ma al danno prodotto dalle sanzioni al petrolio russo si aggiunge la beffa del mancato inserimento dellaraffinazione nel Pnrr e nella tassonomia europea.Occorre ricordare, infatti, che per decisione del governo Draghi il settore della raffinazione è rimasto fuoridai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e per volontà dell’Unione Europea il comparto dellaraffinazione non è inserito nella cosiddetta tassonomia, a differenza del nucleare e il gas.Contraddizioni inspiegabili.La scelta, quindi, che è stata assunta dal nostro governo e dall’Europa sembra quella di voler abbandonare un settore fino ad oggi strategico, rinunciando all’utilizzo delle ingenti risorse messe a disposizione nel pacchetto della transizione energetica per renderlo sostenibile e in linea con la nuova strategia energetica europea.A Siracusa da settimane assistiamo al lancio di appelli accorati da parte di esponenti politici locali e nonsolo, appartenenti tutti ai partiti che sostengono la maggioranza di governo; si dicono preoccupati dellasituazione Lukoil e chiedono al loro governo di occuparsi della questione in maniera risolutiva. La stessaposizione che ha assunto il governo regionale di Nello Musumeci che, evidentemente incapace di incidere, si è limitato a chiedere aiuta al livello superiore, svolgendo, di fatto, il ruolo di comparsa. La risposta, arrivata per bocca della Sottosegretaria Todde, è la promessa di trasferire a Draghi e al ministro Giorgetti le preoccupazioni che giungono dal territorio e le criticità che sono emerse dal confronto con le imprese e le organizzazioni sindacali.Insomma, poco o nulla.La nostra sensazione è che la vicenda della Lukoil, delle sanzioni al petrolio russo e del futuro del settoredella raffinazione non solo è stata sottovalutata dal governo Draghi, ma che non rientri nelle priorità che si è dato.I fondi del Pnrr e della tassonomia europea saranno impiegati altrove, per esempio nell’energia nucleare o nel gas o nella costruzione del ponte di Messina, e il comparto industriale siracusano non vedrà il becco di un quattrino.Premesso ciò e preso atto della situazione non ci resta altro da fare che auspicare una larga e diffusamobilitazione dei lavoratori e dei cittadini di questo territorio. Occorre alzare la voce e pretendere unfuturo diverso per questa parte di paese, altrimenti destinata alla decadenza.Noi vogliamo cogliere l‘opportunità storica del Pnrr e della transizione energetica per trasformare il nostro comparto industriale, renderlo sostenibile ambientalmente e rilanciarlo in linea con le nuove strategie energetiche europee.La chiamata alla mobilitazione dei sindacati per il prossimo 10 giugno va in questa direzione, e noi saremo in piazza con loro, convintamente”. Navigazione articoli Siracusa. Riposizionamento della balaustra e del torrione in corso Umberto: è tutto pronto Rifiuti, domani non sarà raccolto l’indifferenziato