“Qualcuno, e penso abbia tutte le ragioni per farlo, si sorprenderà che un esponente del turismo prenda posizione sul ruolo strategico che Isab-Lukoil abbia sulla provincia di Siracusa. È del tutto evidente che l’inasprimento delle sanzioni alla Russia, che impediranno l’arrivo del 40% di greggio lavorato dalla Lukoil, fanno temere la possibile chiusura del Polo industriale siracusano con conseguenze devastanti sulla già fragile stabilità economica del territorio”. Così Giuseppe Rosano, presidente di Noi albergatori Siracusa e vicepresidente nazionale di Assohotel, il quale spiega: “Senza la produzione di greggio i circa 10.000 addetti, unitamente a quelli dell’indotto, rischiano la perdita del posto di lavoro: e le prospettive di ricollocazione in altri settori risultano irrealizzabili. Annualmente, i lavoratori della zona industriale percepiscono circa 223 milioni di euro tra stipendi e salari: basta già questo corrispettivo per immaginare il danno economico che subirebbero le migliaia di famiglie e le varie imprese che operano in stretto contatto all’interno del petrolchimico. Immaginare la nazionalizzazione del Polo è pura illusione: e lo stesso ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha prontamente smentito”. Il presidente di Noi albergatori Siracusa aggiunge: “Indiscutibilmente la guerra tra Russia e Ucraina sta ledendo anche il comparto turistico nazionale e di conseguenza quello nostrano. Ricordiamo che i viaggiatori russi sono in buona parte alto spendenti e pertanto i loro mancati soggiorni incideranno negativamente perfino sull’apporto economico turistico del Pil del 2022. Ne consegue che occorre trovare – ma ciò tocca ad altri – la soluzione necessaria affinché presto si torni alla normalità attraverso l’agognata pace tra i due popoli”. “Cosa, invece, possiamo fare noi sul territorio?” si chiede il vicepresidente nazionale di Assohotel, il quale precisa: “La stagnante situazione economica, lo sfrenato aumento dei prezzi delle materie prime ed energetiche che ha risvegliato l’inflazione, prossima al 7%, unitamente alla crisi che sta attraversando l’area industriale della Sicilia Orientale, che persiste da molto tempo, ancor prima del conflitto bellico (basti pensare che il fatturato del 2020 è calato a 7,122 miliardi rispetto ai 12,412 del 2019), impongono l’impegno della politica e di tutte le attività produttive siracusane, sindacati, associazioni confindustriali e di categoria, per stipulare un nuovo patto sociale cittadino, che abbia come primario obiettivo l’immediata salvaguardia occupazionale della forza lavoro della zona industriale. A lungo raggio, per riavviare l’economia industriale del territorio, occorrerà persuadere il Governo nazionale e quello regionale che è giunto il momento di mettere in atto soluzioni straordinarie volte ad accelerare la riqualificazione degli impianti industriali, individuando la riorganizzazione dei modelli di produzione per favorire la riduzione delle emissioni d’inquinamento e il processo di innovazione tecnologica col fine di agevolare e diversificare le attività produttive che in futuro dovranno essere finalizzate alla transizione energetica. Le dinamiche e la diversificazione in settori e attività imprenditoriali nuovi – conclude Giuseppe Rosano – con fatti e non parole, favoriranno la coabitazione tra industria “sana” e turismo ecosostenibile: e con questi presupposti si potranno pure accrescere nuovi posti di lavoro per i nostri giovani”. Navigazione articoli Siracusa. Ringhiere ammalorate in Ortigia, da lunedì riprendono i lavori Giornata mondiale sul tumore ovarico, domani Palazzo Vermexio colorato di verde